15 per cento del Pil nazionale, 250 miliardi di euro di fatturato alimentato da 1,6 milioni di aziende agricole. Paese più forte al mondo per prodotti ‘distintivi’, con 272 Dop e Igp e 4886 specialità tradizionali regionali. Al vertice della sicurezza alimentare mondiale con un’agricoltura tra le più sostenibili del pianeta. Primo paese europeo per numero di agricoltori biologici. Messi in fila, i dati sull’agroalimentare italiano forniti da Coldiretti fanno impressione. Il settore non solo dimostra di avere una spiccata vocazione “green”, ma sembra anche essere ritornato a “tirare”, dopo anni in cui non solo ha pagato il prezzo della crisi economica, ma ha dovuto fare i conti anche con una sorta di “crisi d’identità”, dovuta alla perdita della centralità mantenuta per secoli nel sistema produttivo nazionale. Il 2015, certifica ancora Coldiretti sulla base di dati Istat, è stato fino a questo momento un anno di buoni numeri, nel quale è stato registrato il record storico per il valore delle esportazioni di nostri prodotti (più 8 per cento nei primi sei mesi dell’anno), ponendo le basi per raggiungere a fine 2015 la storica cifra di 36 miliardi di euro. Circa i due terzi delle esportazioni interessano i Paesi dell’Unione Europea con una crescita del 5 per cento, ma il Made in Italy a tavola fa registrare un vero e proprio boom soprattutto negli Stati Uniti con un +28 per cento, in Cina (+18 per cento) e nei mercati asiatici in generale (+24 per cento), anche se il miglior risultato è quello che viene dall’Oceania, con un +29 per cento, sebbene con un importo contenuto. Tutti i principali settori del Made in Italy sono in crescita: il prodotto più esportato in valore si conferma il vino (2,5 miliardi in sei mesi e una crescita del 7 per cento), davanti all’ortofrutta fresca (+9 per cento) e all’olio (+11 per cento). Aumenti anche per pasta (+8 per cento) e formaggi (+2 per cento). E sul fronte dell’occupazione? Anche da questo punto di vista per il 2015 Coldiretti fornisce cifre importanti. Secondo l’organizzazione che riunisce gli imprenditori agricoli italiani, gli occupati dipendenti nelle nostre campagne aumentano del 5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il quintuplo rispetto alla media italiana. A trainare la crescita è il risultato fatto registrare nel Mezzogiorno, con un balzo in avanti dell’11 per cento, ma anche l’aumento delle lavoratrici nei campi, considerato l’incremento del 10 per cento delle assunzioni di donne in agricoltura registrato nello spazio di dodici mesi, contro una crescita del 3 per cento dei lavoratori maschi. Un trend che si accompagna alla crescita dell’agricoltura rosa, con quasi una azienda su tre (28,9 per cento) che è oggi a conduzione femminile, con un impatto importante sul rinnovamento del settore. Boom anche tra i giovani sotto i 35 anni, con un incremento del 10 per cento che sale al 21 per cento se si considerano i soli giovani del Sud. Dall’agroalimentare, insomma, giungono numeri che lasciano sperare in un irrobustimento ulteriore dell’intero settore, che beneficerà anche dal taglio di Irap ed Imu agricola annunciato dal premier Matteo Renzi. Un pezzo di imprenditoria alla quale i commercialisti guardano con interesse crescente, certificato anche dalla presenza della categoria all’Expo milanese dedicato ai temi dell’alimentazione, con un piccolo ma significativo spazio gestito con Agenzia delle Entrate e Notai. «Abbiamo deciso di essere all’Esposizione universale di Milano – spiega il vicepresidente del Consiglio nazionale della categoria, Davide Di Russo – per dimostrare in maniera tangibile che i commercialisti sono al fianco di chi fa impresa nel nostro Paese e di chi dall’estero vuole investire da noi. Con un occhio di riguardo, in questa occasione, per l’agroalimentare. Non è un caso che il nostro stand sia condiviso con Notai ed Entrate: abbiamo messo assieme tutti gli attori del processo che porta prima alla nascita e poi alla “cura” delle imprese». Presso lo stand i commercialisti hanno garantito un servizio di assistenza ed informazione sull’avvio e sulla gestione di un’attività imprenditoriale e sulle relative agevolazioni fiscali. Informazioni fornite dagli Ordini territoriali che hanno raccolto l’invito dello stesso Consiglio nazionale ad impegnarsi a rotazione in questa opera di sensibilizzazione rivolta ai visitatori dello stand. Secondo Di Russo, Expo «è stato per la professione un’occasione per accendere i riflettori su un segmento dell’imprenditoria nazionale, l’agroalimentare, al quale possiamo guardare con interesse e maggiore consapevolezza». Non è un caso che la categoria abbia prodotto per l’occasione uno sforzo di ricerca significativo. Tante le pubblicazioni della Fondazione nazionale dei commercialisti pensate appositamente per l’evento e tradotte in più lingue, dall’inglese al cinese allo spagnolo. Si va da un volume che traccia un identikit preciso della professione ad una pubblicazione (The language of italian accountancy profession) dedicata al linguaggio utilizzato dai commercialisti italiani nella loro attività, qualcosa di più e di diverso da un dizionario specialistico o da un glossario. Fino a pubblicazioni direttamente legate ai temi di Expo 2015, quali quelle sull’agricoltura sociale, sull’informativa non finanziaria nelle aziende agroalimentari, sulla rete rurale nazionale per l’Italia 2014-2020, sui reati ambientali e la responsabilità degli enti, sulla fiscalità del settore agricolo in Italia e sull’economia agroalimentare. «Con questo nutrito pacchetto di pubblicazioni – spiega il presidente della Fondazione nazionale, Giorgio Sganga – forniamo alla categoria un quadro esaustivo dell’universo normativo e fiscale nel settore dell’agroalimentare. Un mondo estremamente interessante, anche dal punto di vista professionale, che in questi anni sta cambiando pelle: imprese costituite in forma di società di capitali spesso rappresentate da un’imprenditoria nuova e giovane stanno gradualmente sostituendo le ditte individuali ed i coltivatori diretti». Secondo Sganga, «la sfida della dimensione e dello sviluppo imprenditoriale del settore, quella cioè che richiede maggiore standardizzazione delle produzioni per renderle più e meglio esportabili, dovrà coniugarsi con la straordinaria tipicità delle produzioni nostrane che proprio nella piccola dimensione hanno trovato fino ad oggi il loro punto di forza». Per il presidente della Fondazione nazionale, «Expo 2015 rappresenta lo scenario ideale per confrontarsi su questo terreno ed i Commercialisti italiani, consapevoli della straordinaria opportunità che esso rappresenta, sono pronti a raccogliere una sfida che necessariamente li vedrà protagonisti al fianco delle imprese e degli imprenditori che con coraggio vorranno immedesimarsi in essa».
Condividi sui Social Network