Legge di bilancio 2017: azzerate le tasse per gli agricoltori


  • Esenzione per i redditi fondiari dei coltivatori diretti e degli IAP

    Orticelli. L’esenzione da imposta municipale (Imu) per i terreni incolti e per gli orti resta limitata ai coltivatori diretti (Cd) e agli imprenditori professionali (Iap).
    Ne consegue che i soggetti diversi possono beneficiare di un’eventuale esenzione dall’applicazione del tributo soltanto se i terreni posseduti risultino inseriti nei comuni esentati e individuati dalla datata circolare 9/1993.
    Così, in risposta al quesito proposto dall’On. Fragomeli, il viceministro dell’economia e delle finanze, On. Casero, è intervenuto sul tema dell’esenzione da imposta municipale (Imu) per i terreni agricoli, dopo la recente risposta al question time dello scorso 4 maggio e dopo le novità introdotte dalla legge 208/2015.
    Il problema si era posto giacché, dopo l’intervento della legge di Stabilità 2016 (comma 13, art. 1, legge 208/2015), è stata introdotta l’esenzione dal pagamento del detto tributo, ai sensi della lett. h), comma 1, art. 7, d.lgs. 504/1992, tenendo conto dei criteri indicati dalla circolare14/06/1993 n. 9 e a decorrere dal 1° gennaio scorso, a favore di coltivatori diretti (Cd) e imprenditori agricoli professionali (Iap), iscritti nella previdenza agricola, per i terreni collocati nelle isole minori e per quelli a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile.
    Tale situazione, per gli interroganti, ha creato una discriminazione tra i contribuenti, in quanto prescinde dalla relativa coltivazione ma non risulta applicabile a chi coltiva il fondo per solo diletto e non può acquisire le dette qualifiche (Cd o Iap), anche se la giurisprudenza di legittimità ha parlato soltanto di esercizio delle attività agricole, di cui all’art. 2135 c.c. (Cassazione, sentenza 7369/2012).
    Purtroppo, salvo le eventuali esenzioni indicate dalla circolare richiamata, non risulta legalmente possibile estendere l’esenzione per la coltivazione degli orticelli alla generalità dei proprietari, dovendo l’applicazione restare limitata a determinati destinatari e a particolari situazioni, anche perché la Suprema Corte ha affermato che, in linea di principio, qualsiasi terreno è potenzialmente suscettibile di sfruttamento agricolo. (riproduzione riservata)
    Tasse agricoltori. Com’è noto i produttori agricoli determinano il proprio reddito, nel rispetto dei requisiti di cui all’art. 2135 c.c. e dell’art. 32, dpr 917/1986, tenendo conto del reddito dominicale, che rappresenta il valore del capitale e che è imputabile al proprietario, e del reddito agrario, che rappresenta il capitale d’esercizio imputabile a chi conduce il terreno; i valori risentono delle tariffe d’estimo sulle colture in atto.
    Nella dichiarazione dei redditi devono essere indicati i redditi dei terreni rilevabili dai certificati catastali, con la conseguenza che il contribuente (produttore agricolo), deve compilare i righi dichiarativi in relazione all’entità dei terreni condotti, tenendo conto, eventualmente, delle rivalutazioni prescritte dalle leggi, dell’eventuale perdita per eventi naturali del prodotto ordinario e delle variazioni di coltura effettuate.
    Compresa la modalità di tassazione, è chiaro che l’ipotesi del Governo, di rendere esente la tassazione in capo ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali (IAP) il reddito fondiario, rappresentato dal reddito dominicale e dal reddito agrario, porta alla prima considerazione che restano esclusi tutti coloro che non esercitano professionalmente l’attività agricola e alla seconda considerazione che il reddito prodotto dall’agricoltore sarà totalmente esente.
    Si pensi, per esempio, a un vivaista che ha circa 30 ettari di terreno, con un reddito fondiario complessivo pari a circa 63 mila euro (dominicale e agrario), il pagamento attuale di IRPEF (al lordo delle detrazioni) risulta pari a euro 17 mila; con l’azzeramento, lo stesso vivaista risparmierebbe i detti 17 mila euro di IRPEF lorda, considerando che la detassazione futura sia prevista per entrambi i redditi.
    Si consideri ulteriormente, che, attualmente, per i terreni coltivati a vivaio di prima categoria, di circa 1 ettaro, il reddito dominicale è pari a circa 880 euro, mentre l’agrario è pari a circa 415 euro, considerando che la tariffa d’estimo sul vivaio è la più alta; la coltivazione a “seminativo”, per esempio, non supera, per il dominicale e l’agrario, i 200 euro complessivi.  ITALIA OGGI - Fabrizio G. Poggiani (riproduzione riservata)

     


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