Due certezze per i contribuenti nell’ambito degli accertamenti di natura tributaria: la prima riguardante l’inutilizzabilità degli elementi di prova acquisiti oltre un massimo di trenta giorni (salvo proroga) dall’inizio della verifica o in violazione di legge, ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale dei tributi, e la seconda concernente la tenuta delle scritture contabili che non può eccedere il termine di dieci anni.
Queste due novità sono previste, rispettivamente, dalle disposizioni, di cui all’art. 7-quinquies della legge n. 212/2000, come introdotto dal comma 1, lett. g) dell’art. 1 del d.lgs. n. 219/2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 3 gennaio 2024 n. 2 e dalle disposizioni del comma 5 dell’art. 8 della medesima legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).
Partendo dalla seconda situazione, in tema di conservazione delle scritture contabili, con le disposizioni contenute nel citato comma 5 dell’art. 8 dello Statuto del contribuente, si rafforza il principio secondo il quale un accertamento e, quindi, una pretesa non può essere fondata su dati e documenti la cui tenuta non è più obbligatoria; la stessa legge delega, di cui alla lett. h) n. 1 comma 1 dell’art. 17 (legge 111/2023), ha previsto la modifica della disciplina dei termini di decorrenza che deve essere coordinata con quanto appena indicato sui termini di conservazione.
In secondo luogo, sempre con un principio finalizzato a rafforzare la tutela dei contribuenti, l’art. 7-quinquies della legge n. 212/2000, di nuova introduzione, dispone sulla disciplina inerente all’utilizzabilità o meno degli elementi acquisiti illegittimamente o oltre un preciso termine.
Per effetto delle nuove disposizioni, infatti, ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo, gli elementi di prova acquisiti oltre i termini previsti dallo Statuto del contribuente per l’esecuzione di verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi delle disposizioni contenute nel comma 5 dell’art. 12 della medesima legge n. 212/2000, sono inutilizzabili.
Si ricorda, che l’art. 12 dispone che la permanenza dei verificatori in sede di accesso presso l’azienda non possa superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni, ma soltanto nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio; nel caso di contribuenti in regime di contabilità semplificata e di lavoratori autonomi, il termine scende a quindici giorni, prorogabili di ulteriori quindici, anche in questo soltanto in caso di particolare complessità dell’indagine, con il limite di un trimestre, sempre tenendo conto dei giorni di effettiva presenza presso la sede del contribuente soggetto a verifica.
Si prevede, inoltre, la possibilità che i verificatori possano accedere nuovamente presso l’impresa, una volta decorso il termine indicato dei trenta giorni, anche con proroga di ulteriori trenta, purché l’accesso sia motivato dal necessario esame delle osservazioni e delle richieste eventualmente presentate dal contribuente, dopo la conclusione delle operazioni di verifica e, contestualmente, vi siano particolari e specifiche motivazioni, ma con preventiva e motivata autorizzazione del dirigente responsabile (Gdf , circolare n. 250400/2000).
La nuova disciplina, che opera dal 18 gennaio scorso e che supera l’orientamento consolidata della Suprema Corte (Cassazione, sentenze n. 23217/2022 e n. 4794/2023) e n.) prevede l’inutilizzabilità di dati e degli elementi acquisiti oltre i suddetti termini, determinando l’annullabilità dell’atto di accertamento, se basato esclusivamente sui detti elementi acquisti tardivamente o in violazione, non essendo quelli acquisiti tempestivamente utili al sostegno della pretesa.
Di fatto, si ritiene, che se l’accertamento tenesse conto di elementi acquisiti tempestivamente e di altri acquisiti dopo il termine o in violazione, la validità dell’atto risulterebbe condizionata alla sussistenza e validità degli elementi acquisiti nei termini indicati, non potendo utilizzare quelli rinvenuti oltre i termini.
Risulta, infine, piuttosto chiaro che l’impossibilità di utilizzare gli elementi acquisiti, non resta limitata a quelli rinvenuti oltre i termini prescritti ma anche per quelli rinvenuti illegittimamente; si tratta di situazioni più uniche che rare, ma accadute, come il caso, per esempio, di elementi acquisiti nell’ambito di accessi presso il domicilio del contribuente in assenza della preventiva autorizzazione o nei casi di accessi al di fuori degli orari di esercizio delle attività o negando la possibilità di assistenza a cura di un difensore, con il conseguente superamento di una certa giurisprudenza consolidata (Suprema Corte di Cassazione, sentenze nn. 3388/2010, 28692/2018 e 29070/2020). Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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