Nel caso in cui l’unità abitativa cambi, di fatto, la destinazione d’uso, pur mantenendo la medesima categoria catastale, perché viene utilizzata come ufficio, non è possibile beneficiare della detrazione del 50% destinata ai lavori di recupero del patrimonio edilizio. Rimane possibile, al contrario mantenere l’agevolazione relativa al risparmio energetico, in relazione al più ampio ambito oggettivo. Così l’Agenzia delle entrate con una recente risposta (n. 611/2021) ad un interpello avente a oggetto la detrazione per la ristrutturazione edilizia, di cui all’art. 16-bis del dpr 917/1986 (Tuir) e la detrazione per il risparmio energetico, di cui all’art. 14 del dl 63/2013. Il contribuente ha fatto presente di essere proprietario di una unità immobiliare censita nella categoria catastale A/3 (abitazioni di tipo economico) e che intende effettuare alcuni interventi di recupero del patrimonio edilizio, inquadrabili all’interno di quelli di cui alla lett. a) e seguenti del comma 1 dell’art. 16-bis del D.P.R. 917/1986 (TUIR) e alcuni interventi destinati al risparmio energetico (ecobonus), di cui al comma 1, dell’art. 14 del D.L. 63/2013. Il contribuente ha tenuto a precisare che, al termine dei lavori combinati, l’unità immobiliare sarà concessa in comodato al coniuge che lo utilizzerà personalmente come studio professionale e, quindi, si poneva il problema se il detto effettivo uso con cambio di destinazione dell’unità immobiliare, potesse compromettere la fruibilità delle citate agevolazioni. È utile ricordare che, al fine di poter fruire delle detrazioni per il recupero edilizio, il contribuente è tenuto al rispetto dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dal citato art. 16-bis del D.P.R. 917/1986 e, con particolare riferimento ai requisiti oggettivi, la norma in commento, che prevede la possibilità di calcolare una detrazione a fronte delle spese per gli interventi realizzati nelle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, definisce l’ambito applicativo della disposizione che limita negli interventi realizzati sulle unità immobiliari destinate ad abitazione, di qualunque categoria catastale, con la conseguente esclusione degli edifici a destinazione diversa (commerciale, produttiva e direzionale). Si ricorda, inoltre, che con riferimento agli interventi di recupero edilizio, l’Agenzia delle Entrate ha precisato, già a suo tempo, come ai fini della determinazione del carattere residenziale delle unità immobiliari si debba assumere l’uso effettivo ovvero quello di fatto dell’immobile, a prescindere dalla categoria catastale presente (Agenzia delle Entrate, circolare n. 57/E/1998). La conseguenza è che, in applicazione di questo consolidato indirizzo, se l’unità immobiliare è classificata in categoria “A/10” (ufficio) ma è utilizzata come abitazione, la stessa dovrebbe essere considerata a destinazione abitativa come, nel caso contrario, in cui l’unità immobiliare, censita in categoria A/3 (abitazioni di tipo economico), risulti utilizzata come ufficio, la stessa dovrebbe essere considerata come una unità non residenziale, con l’ulteriore considerazione che se l’unità residenziale è adibita promiscuamente anche all’esercizio dell’arte o della professione ovvero di attività commerciali, la detrazione deve essere determinata sul 50% delle spese sostenute (Agenzia delle Entrate, circolare n. 19/E/2020). Peraltro, nella risposta in commento, l’Agenzia delle Entrate afferma nuovamente il concetto affermando ulteriormente che è possibile fruire della detrazione d’imposta per la ristrutturazione edilizia anche nel caso in cui gli interventi riguardino un immobile non residenziale (per esempio, “A/10”, “D/10” o altro) che, però, in seguito ai lavori edilizi intervenuti, alla fine dei lavori risulti a destinazione abitativa, sempre che nel provvedimento amministrativo si autorizzi all’esecuzione dei lavori che comportano il cambiamento di destinazione d’uso del fabbricato in abitativo (Agenzia delle Entrate, circolare n. 7/E/2021). Quindi, l’Agenzia delle Entrate, nella risposta in commento (n. 611/2021) ha puntualmente precisato che, se al termine degli interventi di recupero edilizio su un’unità immobiliare abitativa, la stessa unità viene concessa in comodato a un soggetto che la utilizza come studio professionale, la detrazione del 50% non può essere fruibile, poiché il cambio di destinazione d’uso indicato comporta la perdita dell’agevolazione in argomento (a sostegno, Agenzia delle Entrate, circolari n. 19/E/2020 e risposta n. 6/2018). Infine, l’Agenzia delle Entrate conferma che, al contrario, resta possibile fruire della detrazione maturata per gli interventi destinati alla riqualificazione energetica (ecobonus), di cui all’art. 14 del D.L. 63/2013, giacché tale detrazione risulta spettante anche per gli interventi realizzati su immobili non abitativi, nel rispetto dei requisiti e degli adempimenti richiesti. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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