Piante manipolate sempre a tassazione fondiaria


  • La giurisprudenza conferma la tassazione agraria delle attività connesse

    Manipolazione delle piante, e quindi tassazione fondiaria, da confermarsi, per le piante acquistate e rivendute in tempi non strettissimi e/o destinate alla ricoltivazione.
    Infatti, se prima della rivendita il vegetale è sottoposto a un’attività di manipolazione (attività connessa), il reddito è da qualificarsi esclusivamente di natura agraria.
    La Commissione tributaria provinciale di Pistoia, con la sentenza 72/2018, depositata lo scorso 22 maggio, accoglie nella sostanza i ricorsi riuniti dei contribuenti, rappresentati dai propri professionisti (Dott. Fabrizio G. Poggiani e Rag. Massimo Rognoni) che, in qualità di eredi, avevano coltivato il contenzioso su un accertamento del reddito di una società semplice agricola alla quale, l’Agenzia delle entrate locale, aveva disconosciuto parzialmente la qualifica agraria del reddito.
    L’accertamento, come ormai usuale per l’area interessata (Pistoia) era basato, senza tenere conto della copiosa prassi esistente (circ. 44/E/2002, 44/E/2004, consulenza giuridica 954-72/2014, risoluzione 11/E/2018), sull’analisi delle fatture attive e passive di un trimestre (il primo) dell’anno 2011, tenendo conto del breve lasso di tempo trascorso tra acquisto e vendita delle piante, stante il fatto che la società semplice agricola interessata svolgeva attività vivaistica; l’ufficio territoriale, di fatto, accertava più di 100 mila euro di reddito di natura commerciale basandosi su una correlazione di acquisti di piante e di cessione delle stesse, avvenuta in un ristretto periodo di tempo (1/1/2011-31/03/2011), rapportando la percentuale emersa su tutto il periodo d’imposta.
    I ricorrenti, assistiti dai propri professionisti, in qualità di eredi dei defunti soci, oltre a rilevare numerose eccezioni preliminari (difetto di motivazione, contraddittorio obbligatorio, accertamento illegittimo, nullità delle notifiche), non riconosciute dai giudici aditi, avevano nel merito contestato la ricostruzione dell’ufficio, producendo la propria documentazione, nella quale sono state esaminate, in dettaglio, tutte le operazioni in contestazione, dimostrando che le correlazioni erano viziate da errori, soprattutto basate sul fatto che le piante vendute in tempi brevi non erano le stesse acquistate a ridosso della cessione.
    I giudici aditi, nel merito, hanno affermato che il ricorso è “in larga parte” fondato, premettendo che la tassazione tarata sul “reddito agrario” presuppone che la pianta ceduta sia coltivata o ricoltivata compiendo all’interno del vivaio un ciclo biologico o una parte essenziale dello stesso ovvero un’attività (connessa) di manipolazione e/o trasformazione, come indicato da una datata consulenza giuridica (Agenzia delle entrate, consulenza n. 954-72/2014, traslata nella più recente risoluzione n. 11/E/2018), con la quale si devono ritenere assorbite dalla tassazione fondiaria le cessioni di piante che, pur essendo acquistate da terzi, sono state sottoposte a manipolazione ovvero a determinate attività necessarie per la collocazione sul mercato, anche estero, come la concimazione e l’inserimento all’interno del terriccio di ritentori idrici al fine di garantire la shelf-life del prodotto, il trattamento delle zolle, al fine di eliminare gli insetti nocivi all’apparato radicale, e altre attività come la potatura, la steccatura e la rinvasatura.
    Un punto scottante, non ancora risolto in via definitiva, è l’onere della prova, per il quale l’ufficio ritiene sia posto a carico del contribuente, il quale, essendo obbligato alla tenuta di una contabilità iper-semplificata (solo registri Iva acquisti e vendite) ha la difficoltà (prova diabolica) a dimostrare che vegetali, coltivati spesso in pieno campo, oltre che in serra, siano sottoposti a tali trattamenti e/o alla ricoltivazione in sostituzione delle piante cedute; sul punto, i giudici aditi ritengono che tale onere sia stato assolto dall’ufficio, ma limitatamente alla rivendita dei vegetali in tempi strettissimi e per piante, acquistate e cedute, che trovano la “perfetta corrispondenza”.
    Pertanto, i giudici hanno ammesso a tassazione a reddito d’impresa, indicando anche la modalità di determinazione del reddito commerciale (valore di cessione meno valore di acquisto del vegetale) a cura dell’ufficio, esclusivamente le piante acquistate la sera e cedute contestualmente o la mattina seguente, ridimensionando notevolmente la pretesa erariale, escludendo l’applicazione induttiva per tutte le altre fatture elencate nell’atto di accertamento, non potendo convalidare, in tal caso, la ricostruzione dello stesso ufficio, trattandosi di acquisti di tipologie diverse, più diluiti e/o eseguiti in data successiva alla rivendita, che devono essere imputati alla coltivazione e/o al riassortimento. Fabrizio G. Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)

     


    Pistoia, PT, Italia