Non è preclusa l’adesione al concordato preventivo biennale (CPB) per il 2024, per i contribuenti forfetari per i quali, nel corso del periodo d’imposta 2023, si sono concretizzate ulteriori condizioni di decadenza dal regime, diverse da quella relativa al superamento delle soglie dei ricavi/compensi.
Non è causa ostativa all’accesso al patto con il Fisco, inoltre, il cambio di attività del contribuente forfetario, effettuata nel corso del 2023, rispetto agli anni precedenti, che abbia determinato l’applicazione di un diverso coefficiente di redditività.
Queste alcune precisazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate sul tema del concordato preventivo biennale (CPB), di cui al d.lgs. 13/2024, lo scorso 15 ottobre con quattro risposte a specifici quesiti (FAQ).
La prima risposta (FAQ n. 1) riguarda i contribuenti forfetari e l’agenzia precisa che non risulta preclusa, per il periodo d’imposta 2024, l’adesione al concordato per i contribuenti nei riguardi dei quali, nel corso del periodo d’imposta 2023, si sono verificate le altre condizioni di decadenza dal regime, di cui alla lett. b) del comma 54, e del comma 57 dell’art. 1 della legge 190/2014, tra cui quella indicata nel quesito relativa alla lett. d-ter) riferita ai soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del D.P.R. 917/1987, eccedenti l'importo di 30.000 euro.
Per il periodo d’imposta 2024, il reddito concordato, però, dovrà essere assoggettato a imposizione secondo le aliquote ordinarie, per effetto del verificarsi, nel periodo d’imposta precedente, la causa di decadenza dal regime, fatta salva la possibilità di optare per il regime opzionale di imposizione sostitutiva, in relazione al reddito eccedentario del periodo d’imposta precedente.
Per un contribuente in regime forfetario (FAQ n. 2), il cambio di attività nel corso del periodo d’imposta 2023 rispetto agli anni precedenti, che determina l’applicazione di un diverso coefficiente di redditività, non inibisce l’accesso al concordato; si precisa, infatti, che la metodologia di calcolo utilizzata per il concordato destinata ai contribuenti forfetari permette di elaborare una proposta di reddito concordato anche per i contribuenti che esercitano, nel corso del medesimo periodo d’imposta, attività identificate con diversi coefficienti di redditività.
Non era chiaro se il passaggio dal regime forfetario al regime ordinario potesse costituire una causa di esclusione o causa di cessazione, ai sensi della lett. b-bis, comma 1 dell’art. 21 o di decadenza, di cui alla lett. d), comma 1 dell’art. 22 del d.lgs. 13/2024.
L’Agenzia delle Entrate (FAQ n. 3), quindi, ha confermato che l’istituto del concordato non prevede una fattispecie analoga a quella di cui alla lett. b-ter), del comma 1 dell’art. 11 per i contribuenti che passano dal regime forfetario a quello ordinario nel primo periodo d’imposta oggetto di concordato, con la conseguenza che la situazione non rappresenta una condizione preclusiva dell’accesso al patto.
L’Agenzia delle Entrate, infine, (FAQ n. 4) conferma che il d.lgs. 13/2024 non dispone alcuna causa di esclusione dal concordato per i soggetti che hanno optato, in qualità di consolidante o consolidata, per il regime del consolidato fiscale nazionale di cui agli articoli 117 e seguenti del D.P.R. 917/1986 e, pertanto, non sussistono cause ostative all’accesso per chi aderisce al consolidato fiscale, sia in qualità di consolidante sia di consolidata; con riferimento all’opzione, di cui all’ art. 20-bis del d.lgs. 13/2024, la stessa dovrà essere esercitata, su base individuale, dalla società consolidata o consolidante che aderisce alla proposta concordataria e che, conseguentemente, sarà tenuta al versamento dell’eventuale imposta sostitutiva mentre ciascuna società (consolidante o consolidata) che ha aderito trasferirà alla fiscal unit un importo pari alla differenza tra il reddito derivante dalla proposta concordataria e la parte eccedente, al netto delle rettifiche di cui all’ art. 16 del d.lgs. 13/2024, fermo restando il rispetto del limite di 2.000 euro.
Infine, con riferimento alla determinazione degli acconti, il comma 1 dell’ art. 20 del d.lgs. 13/2024, nel caso del consolidato fiscale, i detti adempimenti spettano esclusivamente alla consolidante, ai sensi del comma 3 dell’art. 118 del D.P.R. 917/1986 e, per il primo periodo d’imposta di adesione al concordato, è cura della consolidata comunicare alla consolidante l’eventuale applicazione della maggiorazione, di cui al comma 2 del citato art. 20, per applicazione del metodo storico. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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