Lotta al sommerso vanificata dall’esclusione dal regime forfetario di pensionati e lavoratori dipendenti con redditi di lavoro e/o assimilati superiori a 30 mila euro. La riduzione di un anno dei tempi di accertamento, inoltre, non sarà sufficiente a spingere i forfetari verso la fattura elettronica ma la spinta auspicata deriverà dall’introdotto invio telematico dei corrispettivi, obbligatorio a breve anche per questi micro contribuenti.
Queste le eccezioni mosse dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (Cndcec) alle modifiche (art. 88 del disegno di legge di bilancio 2020 - atto) introdotte nel regime forfetario, di cui ai commi da 54 a 89, dell’art. 1 della legge 190/2014, nel corso della recente audizione (11/11/2019) sul bilancio di previsione 2020 (atto senato n. 1586), in presenza congiunta delle due commissioni bilancio.
Il documento, che riepiloga la detta audizione, evidenzia che l’art. 88 del ddl bilancio 2020 reintroduce, come condizione per l’accesso al regime forfetario con imposta sostitutiva al 15%, il limite delle spese per lavoro dipendente o accessorio per collaboratori, elevandolo a 20 mila euro (superiore ai 5 mila euro previsti sino al 2017), e ripristina l’esclusione dei contribuenti che hanno conseguito redditi di lavoro dipendente o assimilati eccedenti l’importo di 30 mila euro, con l’unica eccezione della presenza di una cessazione di lavoro, dovendo far riferimento all’entità rilevabile nel periodo d’imposta precedente.
Resta inalterata, inoltre, la causa di esclusione dal regime forfetario costituita dalla partecipazione in società di persone, associazioni e imprese familiare, di cui alla lett. d), comma 57, dell’art. 57 della legge 190/2014.
Si aggiunga che i detti contribuenti, fatto salvo per il periodo transitorio di moratoria (tra l’1/1/2020 e il 30/06/2020), nel corso del quale sono previste specifiche semplificazioni, dovranno trasmettere telematicamente i corrispettivi a partire dal prossimo 1° gennaio, nonostante gli stessi non addebitino l’Iva in rivalsa e siano esonerati (salva la sopra indicata premialità) alla fatturazione elettronica.
Si osserva che, il rispristino della soglia dei 30 mila euro di reddito di lavoro dipendente o assimilato, non potrà che escludere numerosi piccoli contribuenti dall’applicazione del regime in commento, con inevitabile ricaduta nel sommerso di attività di tipo marginale che pensionati e lavoratori dipendenti svolgono abitualmente come attività secondaria e che, grazie all’introduzione di questo regime e alla possibile convivenza di più attività, sono state regolarizzate con l’apertura di una partita Iva.
La seconda stortura concerne la premialità di coloro che, pur non obbligati, decideranno di emettere le fatture in forma digitale; premialità consistente nella sola riduzione di un anno degli ampi termini di accertamento previsti attualmente dalle disposizioni vigenti che appare insufficiente a incentivare un numero consistente di soggetti in regime forfetario ad abbandonare la forma cartacea.
Posto che, per i commercialisti, l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici, di cui alla lett. d), comma 1, art. 39 del dpr 600/1973 potrebbe essere un ben più interessante incentivo per il passaggio alla fatturazione elettronica, è opportuno ricordare che anche questa forma premiale potrebbe essere inevitabilmente neutralizzata dall’obbligo introdotto, a partire dal prossimo 1° gennaio, della memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi per i soggetti che hanno realizzato un volume d’affari inferiore a 400 mila euro compresi, quindi, in assenza di prossimi interventi, i contribuenti in regime forfetario, di cui ai commi da 54 a 89, dell’art. 1 della legge 190/2014.
Infine, dal nuovo impianto legislativo, non viene assolutamente risolto il problema dell’esclusione dall’applicazione del regime forfetario per i contribuenti che partecipano in società personali, associazioni e/o imprese familiari.
Questa condizione ha comportato, anche nei precedenti periodi d’imposta, una completa disaggregazione di soggetti giuridici collettivi per l’esercizio delle attività d’impresa o professionali, in un contesto socio-economico che avrebbe dovuto, al contrario, incentivare ogni forma di aggregazione, nell’interesse del mercato e del settore del piccolo lavoro autonomo. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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