Per l'applicazione puntuale delle sanzioni fondamentale la qualificazione del credito d'imposta


  • L'AIDC è intervenuta individuando quando il credito è non spettante o inesistente

    Per la puntuale applicazione della disciplina sanzionatoria è di fondamentale importanza stabilire quando il credito d’imposta deve essere definito non spettante oppure inesistente. Il credito d’imposta, infatti, deve ritenersi non spettante quanto è stato determinato in modo errato mentre deve definirsi inesistente quando la relativa determinazione è stata fatta in assenza di documentazione o tenendo conto di documentazione falsa o non veritiera.

    Così l’Associazione dottori commercialisti ed esperti contabili (ADIC) con la norma di comportamento n. 219 con la quale è stata trattata la disciplina dei crediti d’imposta, con particolare riferimento alla disciplina sanzionatoria per quelli non spettanti e/o inesistenti.

    Preliminarmente, l’associazione evidenzia che la definizione di credito inesistente è assai importante poiché il comma 161, dell’art. 161 del D.L. 185/2008 dispone che l’atto di recupero emesso a seguito di controllo degli importi a credito indicati nella delega modello F24 per l’incasso di crediti inesistenti compensati in modo orizzontale deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31/12 dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo (con atteggiamento ondivago, Cassazione, sentenze 34443, 34444 e 34445 del 2021 e 31429 del 2022 o sentenze 25436/2022 e 31419/2022).

    In aggiunta, l’art. 13 del d.lgs. 471/1997 ha disposto una sanzione maggiore in presenza di un credito inesistente, rispetto a quella applicabile al credito non spettante poiché, al comma 4, dispone che l’utilizzo di un credito d’imposta in misura superiore a quella spettante rende applicabile la sanzione pari al 30% del credito, salva l’applicazione di disposizioni speciali, mentre il comma 5 dispone che l’utilizzo di un credito d’imposta inesistente è sanzionato con una percentuale variabile dal 100% al 200% del credito; le dette sanzioni, inevitabilmente, hanno rilevanza anche ai fini della determinazione della misura della sanzione per la corretta applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso.

    Quindi, stante la definizione introdotta nel comma 5 dell’art. 13 citato, si rende necessario determinare con estrema certezza la qualificazione del credito e, per l’associazione, appare possibile tenere conto di quanto disposto dall’art. 5 del D.L. 146/2021 che, seppure finalizzata a regolamentare una specifica sanatoria (quella per il credito d’imposta per ricerca e sviluppo) fornisce alcune utili indicazioni che possono rappresentare un utile orientamento per chiarire la problematica in commento.

    La norma appena richiamata, come indicato nella norma di comportamento, introduce due ipotesi, alternative tra loro, che consentono o non consentono, l’accesso alla relativa sanatoria.

    La prima fattispecie, ammessa per l’accesso alla sanatoria, è quella dell’avvenuto effettivo sostenimento di spese correlate alle attività di ricerca e sviluppo che, però, risultano essere state ricomprese erroneamente tra quelle che davano diritto al credito mentre nella seconda fattispecie, quella che impedisce l’accesso alla sanatoria, sono state indicate quelle posizioni nelle quali la determinazione e l’utilizzo del credito corrisponde a situazioni (assetti) soggettivamente e/o oggettivamente simulati, a false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti non veritieri o di fatture che documentano operazioni inesistenti o a situazioni in cui sia assente la necessaria documentazione utile a dimostrare la qualità delle spese ammissibili al credito d’imposta.

    Di conseguenza, risulta chiaro che il legislatore, nel caso appena esposto, abbia voluto distinguere le ipotesi in cui l’attività è stata effettivamente svolta, rispetto a quella inesistente, comprovata da documentazione attendibile ma per la quale siano stati commessi errori di interpretazione sulla natura della spesa o sulla corretta determinazione del  credito d’imposta.

    Pertanto, rifacendosi a tali precetti, l’associazione ritiene di poter affermare che, in tutti i casi in cui il contribuente si trovi nella situazione sancita dalla norma e sia in possesso della relativa documentazione ma incorra in errori riconducibili alla interpretazione delle disposizioni o nella determinazione dell’entità del credito d’imposta, non potrà essere contestata l’inesistenza del credito mentre, nel caso in cui la determinazione sia stata effettuata in assenza di documentazione probatoria o sulla base di documenti falsi o non veritieri, la violazione sarà sanzionabile con la misura più gravosa e con un termine di accertamento più lungo. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI  (riproduzione riservata)


    Pistoia