L'Agenzia delle Entrate è legittimata nei controlli sul bonus per ricerca e sviluppo


  • Nella fase di recupero si applicano le sanzioni e gli interessi

    Nell’ambito dei controlli per la corretta spettanza e fruizione del credito d’imposta sugli investimenti in attività di ricerca e sviluppo l’Agenzia delle entrate corre da sola.

    Le richieste di parere al ministero dello sviluppo economico, infatti, sono meramente facoltative e devono essere esperite, in particolare, sull’ammissibilità di specifiche attività o pertinenza e congruità dei costi sostenuti. Nel caso di non spettanza, anche parziale, il credito è recuperato maggiorato di sanzioni e interessi.

    Questa la sintesi della risposta fornita dal ministero dell’economia e delle finanze, ufficio legislativo, nell’ambito della seduta dello scorso 16 giugno avente ad oggetto il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo (R. & S.) a seguito dell’interrogazione, articolata, della senatrice Toffanin (n. 3-02610).

    Si evidenzia, preliminarmente, che siamo nell’ambito delle disposizioni contenute nell’art. 3 del dl 145/2013, come sostituito dal comma 35, dell’art. 1 della legge 190/2014 (legge di Stabilità per il 2015), ulteriormente modificato dal comma 209, dell’art. 1 della legge 160/2019.

    La senatrice interrogante, riscontrando la poca chiarezza delle interpretazioni e degli indirizzi della Pubblica amministrazione e l’incertezza sulla modalità di recupero del credito d’imposta, ritenuto inesistente ove non coerente con la norma, ha chiesto di conoscere se i dicasteri competenti fossero in procinto di adottare misure volte a chiarire la portata della norma, se non ritenessero che l’attività ispettiva dell’Agenzia delle entrate dovesse essere ricondotta in un perimetro più chiaro, in assenza di interpretazioni aleatorie, e quanti fossero gli accertamenti eseguiti e i pareri richiesti al dicastero dello sviluppo economico.

    Nella risposta, il dipartimento legislativo del ministero delle finanze ha ripercorso i tratti salienti dell’interrogazione, ha ricordato che dal 2018, l’onere di certificazione è stato esteso, per le imprese dotate di organo di controllo legale dei conti, allo stesso soggetto incaricato per la revisione e che, con un preciso documento di prassi (circ. 59990/2018) il ministero dello sviluppo economico (Mise) ha indicato le attività ammissibili, ricalcando le definizioni già in uso (ricerca fondamentale, applicata e sperimentale).

    Inoltre, il ministero ha evidenziato che per la fruizione del credito d’imposta, nell’ambito dell’attività di controllo, l’Agenzia delle entrate ha a suo tempo precisato (circ. 5/E/2016),  che la stessa deve verificare la sussistenza delle condizioni richieste dalle disposizioni vigenti, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi relativi all’agevolazione e che, soltanto se si rendesse necessario ottenere “valutazioni di carattere tecnico”, il comma 2 dell’art. 8 del decreto attuativo (dm 27/05/2015) attribuisce alla stessa la facoltà di ottenere pareri specifici al Mise.

    La conseguenza è che, pertanto, l’Agenzia delle entrate opera in piena autonomia nell’attività ispettiva, rendendo quindi validi gli accertamenti eseguiti, e non carenti di motivazione per infondatezza degli addebiti, anche in assenza del parere del dicastero dello sviluppo economico (a sostegno, anche circ. 31/E/2020); si aggiunge, peraltro, che il parere del Mise non deve ritenersi limitato ai soli casi in cui sussista incertezza circa la qualificazione delle attività destinate alla ricerca e sviluppo e che l’impresa, in piena autonomia, può acquisire direttamente il parere tecnico del ministero o presentare istanza di interpello alle Entrate.

    Nel caso in cui, poi, sia accertata l’indebita fruizione, anche parziale, del credito d’imposta, ai sensi del comma 3, dell’art. 8 del dm 27/05/2015, l’agenzia procede con il recupero del credito d’imposta non spettante, con aggravio delle sanzioni e degli interessi come per legge, con la conseguenza che l’indebito utilizzo in compensazione del credito inesistente (quello in cui manca anche in parte il presupposto costitutivo), fa scattare la sanzione dal 100% al 200% dell’ammontare dello stesso credito, ai sensi del comma 5, dell’art. 13 del dlg 471/1997, pur potendo beneficiare della riduzione delle sanzioni, di cui all’art. 13 del dlgs 472/1997, utilizzando l’istituto del ravvedimento operoso.

    Infine, il ministero, con riferimento al numero degli accertamenti eseguiti, dichiara che quelli notificati nel quinquennio 2017/2021 (dati al 30/06/2021) sono 804 e che i processi verbali di constatazione notificati sono 164, tenendo conto ulteriormente che, alla data della risposta, i pareri forniti dall’Agenzia delle entrate sono circa a 60 e quelli richiesti dagli stessi uffici e dai nuclei della Gdf sono circa 70. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)


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