La Corte Costituzionale interviene sulla definizione agevolata delle controversie


  • Esclusa la violazione della capacità contributiva come sancita dalla Carta Costituzionale

    Esclusa la violazione della capacità contributiva in presenza di una definizione agevolata delle controversie pendenti.

    La definizione risulta coerente, infatti, con i presupposti economici cui le rispettive imposizioni sono collegate, senza recare alcun pregiudizio al sistema dei diritti civili e sociali tutelati dalla Carta Costituzionale.

    Così la Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 189, depositata ieri, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale del comma 198, dell’art. 1 della legge 197/2022, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 53 e 111 della Costituzione, dalle Corti di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e del Lazio.

    La definizione delle liti pendenti, ai sensi dei commi da 186 a 205 dell’art. 1 della legge 197/2022 riguardava, in particolare, le entrate rientranti nella giurisdizione tributaria in cui era parte l'Agenzia delle entrate o delle Dogane e dei Monopoli, pendenti al 1° gennaio 2023 (entrata in vigore della legge),  a condizione che alla data della domanda non si sia formato il giudicato.

    Si ricorda, ulteriormente, che entro il 30 settembre 2023 era possibile presentare una domanda di definizione delle liti, pendenti dinanzi alla giustizia tributaria al 1° gennaio 2023, e contestualmente si rendeva necessario il versamento delle somme o almeno della prima rata entro il medesimo termine perentorio; la definizione causava, nella peggiore delle ipotesi, lo stralcio delle sanzioni e degli interessi in relazione alla situazione processuale esistente all’1/01/2023, con un possibile stralcio dell’imposta dal 10% fino al 95%.

    Per definire la lite occorreva presentare una istanza entro il 30 settembre 2023, mediante il software messo a disposizione sul sito dell'Agenzia delle entrate utilizzando il modello approvato con lo specifico provvedimento direttoriale (n. 30294/2023) e la procedura si doveva intendere perfezionata, ai sensi del comma 194 dell’art. 1 della legge 197/2022, con l'esecuzione dei versamenti, non essendo sufficiente la presentazione della domanda.

    Per ogni controversia e, quindi, per ogni atto impugnato, a prescindere dal fatto che i ricorsi avverso distinti atti siano stati riuniti, o dal fatto che il contribuente, con unico ricorso, abbia impugnato più atti doveva essere presentata, inoltre, una domanda autonoma e doveva eseguito un distinto versamento che poteva essere eseguito anche in modo rateale, in venti o cinquantaquattro rate di pari importo.

    Nelle richieste di giudizio di legittimità costituzionale promosse dai giudici di merito della Calabria (ordinanza dell’11 gennaio 2024) e del Lazio (ordinanze del 25 e 29/01/2024), tra le altre, era stata evidenziata la disparità di condizione delle parti del processo (comma 2, art. 111 della carta) e il contrasto con gli articoli 3, 23, 24, 53 e 81 della Costituzione stante la possibilità prevista di estinzione automatica del giudizio senza attendere l’esito del procedimento amministrativo sull’istanza di definizione, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto subire la vicenda processuale sulla scorta della sola adesione e del pagamento della prima rata, in assenza di una seppur minima valutazione preliminare sulla fondatezza della domanda del contribuente.

    La Consulta, però, ha affermato inequivocabilmente che la declaratoria di estinzione del processo, che la disposizione censurata correla al deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, è frutto di una scelta del Parlamento “non irragionevole”, destinata a favorire l’immediata chiusura delle controversie tributarie pendenti e a incentivare i pagamenti non ancora eseguiti, senza determinare alcun effetto preclusivo del diritto di azione o difesa, né una lesione della parità delle parti nel processo.

    Con specifico riferimento all’ipotesi in cui la dichiarazione di estinzione avvenga a seguito del pagamento della sola prima rata, i giudici aditi hanno escluso che ne derivi il venir meno del credito tributario residuo, giacché il comma 194, dell’art. 1 della legge 197/2022 ha previsto, con altre disposizioni, l’iscrizione a ruolo degli importi non pagati, peraltro maggiorati di sanzioni e interessi.

    La Consulta, inoltre, ha escluso la violazione del principio di capacità contributiva, in quanto la disciplina della definizione agevolata risulta coerente con i presupposti economici cui le rispettive imposizioni sono collegate e non si riduce a un mero intervento contrario al valore costituzionale del dovere tributario, né tale da recare pregiudizio al sistema dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione.

    Infine, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni concernenti i commi 200 e 201 dell’art. 1 della stessa legge 197/2022, relativamente al caso in cui il procedimento amministrativo, avviato con la richiesta di definizione agevolata, si chiuda con un provvedimento di diniego. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)

     


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