Con riferimento alle società a responsabilità limitata, in presenza di una trasgressione dell’oggetto sociale da parte dell’organo amministrativo, è da ritenere possibile, nonostante le variegate tesi della dottrina e le affermazioni della giurisprudenza, la revocabilità per giusta causa e la responsabilità risarcitoria in capo ai preposti, nonché l’esercizio del diritto di recesso a cura del socio dissidente.
Queste le conclusioni dello studio n. 122-2022/I, come approvato lo scorso 26 gennaio dalla commissione studi d’impresa del Consiglio nazionale del notariato, avente a oggetto le modificazioni sostanziali dell’oggetto sociale e la sorte dei contratti stipulati.
Come indicato in premessa, il contributo analizza criticamente le diverse tesi in relazione alla sorte degli atti negoziali sviluppati in deroga all’oggetto sociale, posti in essere in violazione alla riserva di competenza, di cui al punto 5 dell’art. 2479 c.c. (decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci) e del successivo comma 4 (adozione delle decisioni dei soci mediante deliberazione assembleare ai sensi dell'articolo 2479-bis c.c.).
Si evidenzia, innanzitutto, che con la riforma del diritto societario, limitatamente alle società a responsabilità limitata, è stato introdotto un particolare regime, finalizzato all’attenuazione dell’organizzazione societaria, per il compimento delle operazioni che, appunto, comportano, nei fatti, una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale come indicato nell’atto costitutivo, riservandole alla competenza dei soci e da adottarsi con apposita deliberazione dell’assemblea e con conseguente riconoscimento, ai soci dissenzienti, del diritto di recesso, di cui all’art. 2473 c.c..
Il citato art. 2473 c.c., infatti, stabilisce che l'atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità; il recesso, in ogni caso, spetta ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell'oggetto o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione.
Nel contributo, inoltre, si precisa che per modificazione sostanziale dell’oggetto sociale deve intendersi una trasgressione dell’enunciato programmatico da parte dell’amministrazione e per trasgressione si deve intendere l’assunzione di una decisione che può comportare una o più dichiarazioni in nome e per conto della società rappresentata.
Sul punto sono richiamate una serie di affermazioni dei giudici (tra le altre, Tribunali di Napoli, 23/07/2019, di Roma, sentenza 27/01/2020 e di Palermo 19/10/2020), anche di legittimità (Cassazione, sentenze 21/01/2016 n. 1095, 20/05/2016 n. 10507 e13/06/2016 n. 12120) che introducono tesi radicalmente diverse sulla sorte dei contratti con i quali si sono concretizzate le sostanziali modificazioni dell’oggetto sociale fissato nell’atto costitutivo mentre, per la dottrina, l’orientamento maggioritario è rappresentato da una interpretazione delle disposizioni che sanciscono un limite legale al potere di rappresentanza degli amministratori che si contrappone a quello che individua nel riparto di competenze esclusivamente una limitazione al potere gestorio dell’organo amministrativo, con la permanenza del potere generale di rappresentanza.
Queste modificazioni sostanziali dell’oggetto sociale impattano anche sulle posizioni dei soggetti terzi, con la conseguenza che sostenere una tesi sull’inefficacia degli atti o sulla nullità degli stessi, risulta estremamente sfavorevole ai detti operatori in quanto potenzialmente idonee a far emergere pesanti oneri di verifica in capo alle controparti, destinati a identificare, appunto, la modifica sostanziale dell’oggetto sociale.
Lo studio esamina una serie di casi, si sofferma sulla sorte dei contratti e, tralasciata la tesi della nullità, richiamando un passo di una datata direttiva comunitaria (art. 9 – Prima Direttiva 68/151/CEE del Consiglio del 9/03/1968), evidenzia che gli atti compiuti dagli organi sociali obbligano la società nei confronti dei terzi, anche quando i detti atti risultano estranei all’oggetto sociale, salvo il caso che gli stessi eccedano i poteri che la legge conferisce o consente di conferire ai detti organi.
Concludendo, con particolare riferimento al recesso, si ritiene possibile l’emersione di un dissenso legittimo del socio e, quindi, la fuoriuscita dello stesso, con la possibile revocabilità per giusta causa e la responsabilità risarcitoria dei componenti l’organo preposto. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
Pistoia
Condividi sui Social Network