Dal 1° gennaio 2020 incremento delle sanzioni poste in capo ai fornitori degli esportatori abituali. Le cessioni e le prestazioni di servizi, in regime di non imponibilità, senza la preventiva verifica dell’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento comporta l’applicazione di una sanzione dal 100% al 200% dell’Iva dovuta, in aggiunta al tributo stesso.
Questa una delle più importanti modifiche introdotte nell’art. 1 del dl 746/1983 dall’art. 12-septies del dl 34/2019, in vigore, appunto, dal periodo d’imposta 2020.
In effetti, l'art. 12-septies del dl 34/2019 sanziona in misura proporzionale, ai sensi del comma 4-bis, dell’art. 7 del d.lgs. 471/1997, nella misura dal 100% al 200% dell'Iva dovuta, fermo l'assolvimento dell'imposta, il fornitore di un esportatore abituale che segue una cessione o prestazione in regime di non imponibilità Iva, prima di aver verificato l'avvenuta presentazione della dichiarazione d'intento.
Si ricorda, peraltro, che, fino al periodo d’imposta appena trascorso (2019), la sanzione dovuta per la violazione riferibile alla omessa verifica, da parte del fornitore, dell’avvenuta presentazione della dichiarazione di intento, era sanzionata in misura fissa da euro 250 a euro 2.000; sul punto è già stata rilevata, da più parti, la presenza di una clamorosa sproporzione del regime sanzionatorio tra colui che non ha verificato l’emissione e trasmissione e colui che, addirittura, ha eseguito le operazioni in regime di non imponibilità ma in totale assenza della necessaria dichiarazione d’intento.
Il provvedimento richiamato, a decorrere dallo scorso 1° gennaio, introducendo alcune semplificazioni, ha disposto, inoltre, che l’esportatore abituale non è più tenuto a consegnare al proprio fornitore, compresa la dogana, la dichiarazione di intento, unitamente alla ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia delle entrate.
In aggiunta, e sempre in seguito alle modifiche introdotte dal citato art. 12-septies del dl 34/2019, il fornitore è tenuto a indicare nelle fatture emesse gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d'intento, non potendo più genericamente indicare quelli della stessa dichiarazione; la dichiarazione di intento può riferirsi anche a più operazioni in dogana, fino a concorrenza di un determinato ammontare (Agenzia delle entrate, risoluzione 38/E/2015).
La novità più invasiva, pertanto e posto quanto detto per la disciplina sanzionatoria, è certamente quella relativa alla necessaria indicazione nella fattura, da parte del fornitore dell’esportatore abituale, degli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione di intento che si aggiunge a quello di inserire nelle fatture emesse, l’indicazione di “operazione non imponibile” (codice “N3” per la fattura elettronica), da aggiungere alla indicazione, sempre opportuna sebbene facoltativa, degli estremi della norma di riferimento, di cui alla lettera c), comma 1, articolo 8 del dpr 633/1972.
Risulta abolito, inoltre, l'obbligo di numerazione progressiva delle dichiarazioni d'intento emesse e ricevute, nonché della relativa conservazione, di cui all’art. 39 del dpr 633/1972 e sono stati aboliti anche i registri dove si dovevano annotare le dichiarazioni di intento emesse e ricevute.
Come detto, le novità decorrono dal 1° gennaio scorso, ai sensi del comma 4, del citato art. 12-septies ma, non essendo ancora emanato il provvedimento di attuazione, di cui al precedente comma 3 (provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto), è opportuno applicare le regole previgenti per la gestione delle dichiarazioni di intento emesse sino al 31 dicembre scorso.
Infine, sul tema e in caso di utilizzo indebito del plafond, la Suprema Corte (Cassazione, sentenza n. 31611/2019) ha affermato, piuttosto recentemente, che risponde del pagamento dell’Iva all’importazione non solo l’importatore ma, solidalmente, anche il suo rappresentante indiretto (nel caso di specie, lo spedizioniere) che abbia presentato la dichiarazione in dogana, assumendo la qualità di soggetto responsabile, ai sensi del punto 3, dell’art. 201 del regolamento UE 952/2013, poiché quest’ultimo adempie personalmente e integralmente alle obbligazioni derivanti dall’importazione, stante il fatto che il dichiarante si assume direttamente l’impegno di pagare gli oneri doganali, compresi i tributi e i dazi. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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