Concordato preventivo biennale con troppa discrezionalità degli enti accertatori


  • Addio all'accordo con riscontro di attività o passibilità indeducibili superiori al 30%

    Posto che siamo nell’ambito di un accordo con il Fisco e non di un condono, in caso di accertamento con riscontro di attività dichiarate o passività indeducibili che, complessivamente, superano il 30% dei ricavi dichiarati anche nell’annualità precedente al biennio concordato, il contribuente dice addio al concordato preventivo biennale.

    Le disposizioni evidenziano, purtroppo, una eccessiva discrezionalità concessa agli uffici e l’assenza di preclusione alle attività istruttorie, anche se risultano inibiti gli accertamenti analitici e induttivi.

    Queste le ulteriori criticità che rischiano di compromettere una adesione massiccia al concordato preventivo biennale (CPB), di cui al d.lgs. 13/2024, come rilevabili, in particolare, dalle disposizioni inserite nell’art. 22 del provvedimento istitutivo.

    Preliminarmente, si deve evidenziare che la proposta di concordato è elaborata sulla base dei dati dichiarati dal contribuenti nel 2023, in aggiunta alle informazioni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria e che, con l’adesione al concordato, il contribuente, tra gli altri benefici, fruisce dei vantaggi indicati nell’art. 34 del d.lgs. 13/2024 ovvero che, per i periodi d’imposta del concordato, gli accertamenti di cui all’art. 39 del dpr 600/1973 non possono essere effettuati salvo, testualmente, “che in esito all’attività istruttoria (…) ricorrano le cause di decadenza di cui agli articoli 22 e 33”.

    Si aggiunga, inoltre, che l’eventuale correzione delle dichiarazioni dei redditi già presentate (le integrative ma non le correttive nei termini e, peraltro, solo se relative al 2023 e non per gli anni precedenti) che porti a una diversa quantificazione degli importi dovuti, comporta la decadenza dell’accordo, ai sensi della lett. b), comma 1 dell’art. 22 del d.lgs. 13/2024; il concordato per il biennio 2024/2025 tiene conto, infatti, dei dati indicati nella dichiarazione relativa al 2023.

    Nell’art. 22 si dispone, però, che se all’esito dei controlli, riferibili non solo ai periodi relativi al concordato (per la prima adesione per gli anni 2024 e 2025) ma anche a quello precedente l’accesso al regime (quindi al 2023), emergano ricavi o proventi non dichiarati o costi non deducibili per un ammontare superiore al 30% dei ricavi dichiarati, scatta la decadenza dal concordato.

    Si aggiunga che l’adesione non inibisce l’Amministrazione finanziaria a effettuare i controlli strumentali e le attività istruttorie (accessi e questionari) nei confronti del contribuente aderente.

    La norma, per com’è scritta, appalesa criticità giacché, innanzitutto, i controlli saranno postumi e, quindi, saranno effettuati dopo l’adesione all’accordo e non è certo in vigenza del concordato o nell’immediatezza dell’adesione, con la conseguenza che, al riscontro di tale differenziale, potrà scattare la decadenza e, quindi, il contribuente sarà chiamato a determinare il proprio reddito sulla base di quello effettivamente realizzato nel biennio definito, anche al decorso del biennio cui ha aderito; per esempio, se i rilievi sono fatti nel 2027, il biennio che salta è quello riferibile al 2024/2025 e vi è la necessità di rideterminare i redditi di due periodi d’imposta già chiusi, anche dal punto di vista dichiarativo.

    La seconda criticità concerne l’eccessiva discrezionalità concessa agli uffici che potrebbero, entro i termini decadenziali dell’accertamento, rilevare, per esempio, che determinati costi e/o spese non sono dallo stesso ufficio ritenuti deducibili e, quindi, se gli stessi costi superano il livello di guardia (30%), scatta, a norma di legge, la decadenza dell’accordo con il Fisco.

    Su questo punto, niente si dice sul momento in cui scatta effettivamente la decadenza perché non è stabilito che l’atto di accertamento deve diventare definitivo per rendere nullo l’accordo e, stante il dettato letterale, gli uffici potrebbero invocare la decadenza immediata anche per una causa rilevata discrezionalmente e in pendenza di un ricorso; su questo punto, anche in sede interpretativa, si dovrà confermare che per la decadenza serve la definitività dell’atto di accertamento.

    Infine, la lett. c) del comma 1 dell’art. 22 del d.lgs. 13/2024 dispone che il concordato cessa di produrre effetti “per entrambi” i suoi periodi d’imposta (biennio) quando nella dichiarazione dei redditi sono dichiarati dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta; diventa, quindi, di estrema importanza la corretta compilazione del modello CPB 2024/2025 (righi P04 e P05) con i valori normalizzati, per i soggetti Isa, e del quadro LM – Sezione VI, per i soggetti in regime forfetario, con allineamento di questi dati con quelli indicati nei quadri del modello REDDITI 2024, periodo d’imposta 2023, non più modificabile dopo la presentazione, per quanto detto. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)


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