Acquisti fai da te sul web con sanzioni da incubo


  • Dal 1° luglio, senza le auspicate proroghe, le regole del nuovo esterometro

    Acquisti sul web con sanzioni da incubo. Sono in vigore dal 1° luglio scorso, senza le auspicate proroghe, le regole del nuovo esterometro (versione 1.7). Per taluni acquisti, così come per le fatture attive immediate, la prima deadline è, quindi, il 13 luglio. Tempistiche a getto continuo troppo stringenti a tutte le latitudini. Gli acquisti, in particolare quelli su effettuati internet, problematici anche per i forfetari (quelli con ricavi/compensi 2021 superiori a euro 25.000) che dal 1° luglio sono coinvolti sia per la fatturazione elettronica sia per l’esterometro; acquisti che, laddove non accompagnati dal versamento dell’Iva, potrebbero presentare un conto molto salato (minimo 1.000 euro, Iva a parte).

    La situazione risulta tecnicamente assai complessa, a prescindere dal regime contabile, e quasi nessuno (figuriamoci il forfetario o l’imbianchino di turno) sarà sempre in grado di rispettare la nuova tempistica la cui criticità si ribalterà sull’operatività degli addetti amministrativi di studi ed aziende.  

    Infatti, se le tempistiche non verranno riviste o non verrà precisato che eventuali ritardi da invio dell’XML non rappresentano anche violazioni Iva sostanziali (laddove siano rispettati i termini di liquidazione e versamento Iva), è prevedibile, si legge nella nota delle due associazioni, che il nuovo impianto spingerà i più attenti a valutare un paradossale processo involutivo, di rinuncia al beneficio del reverse charge elettronico, con uso della cara vecchia carta.

    Così operando i nuovi TD17, TD18 e TD19 saranno utilizzati esclusivamente come mera coda comunicativa (esterometro) di un processo gestito, voluto e conservato su carta dove i tardivi invii degli XML non potranno che essere punibili esclusivamente con i famigerati due euro.

    Alcuni esempi possono ben rendere contezza della problematica. Un primo diffusissimo incubo amministrativo riguarda l’acquisto, tramite piattaforma e-commerce, da fornitore extra-UE non stabilito, ma identificato in Italia (già un lusso rispetto al caso in cui il fornitore non sia identificato e non si disponga di bolletta doganale).

    L’acquisto del bene effettuato pagato e fatturato in data 1/7/2022, ancorché consegnato qualche giorno a seguire (a prescindere o meno dal ddt), non potrà infatti fruire, secondo le consolidate precisazioni di prassi (circ. 27/E/1975 e 18/E/2014), dell’(auto)fatturazione differita per cui il cessionario residente, se vuole gestire l’acquisto esclusivamente in modalità elettronica, dovrà inviare il flusso TD19 (completo di tutti gli elementi – anche descrittivi - di un’autofattura) entro la scadenza immediata dei 12 giorni (il 13 luglio nel nostro esempio).

    Pochi saranno in grado di rispettare detta tempistica per cui la scelta ricadrà sull’autofattura cartacea, che figurerà emessa nei suddetti dodici giorni (non va consegnata a nessuno) con successivo invio, entro il 15/08/2022 (prorogabile al 22/08), del TD19 (versione light) esclusivamente ai fini dell’esterometro.

    Questo l’approccio consigliabile considerato che, senza modifiche normative o chiarimenti distensivi, nessuno è in grado di affermare con certezza che l’invio tardivo di un TD17, TD18 o TD19 non possa essere anche sintomo di tardiva applicazione del reverse charge; violazione questa che, tralasciando i pur fastidiosi due euro, potrebbe cubare nella migliore delle ipotesi da euro 500 a euro 20.000, di cui al comma 9-bis, art. art. 6 del dlgs 471/97.

    Per il forfettario che omette il versamento (ricordiamo che questi soggetti non possono detrarre l’Iva acquisti) il conto si fa addirittura iperbolico: dal 5 al 10% dell’acquisto con minimo di euro 1.000, considerati gli esoneri dalla tenuta delle scritture contabili.

    E’, quindi, del tutto evidente che l’adempimento in reverse charge possa rimanere, ai fini Iva, analogico e ben distinto dal flusso elettronico dell’esterometro (pur potendo il secondo assorbire il primo), basti osservare che la decisione 2021/2251/UE, che ha autorizzato l’Italia ad imporre l’obbligo della fattura elettronica, non deroga anche all’articolo 224 della direttiva 2026/112/CE sul self billing.

    Quest’ultima norma dispone che le fatture possono essere compilate dal destinatario ma solo con il consenso e accettazione del fornitore e detto aspetto non ha minimamente a che fare, né per la tecnica dell’integrazione né per quella dell’autofattura, con i citati TD17, TD18 e TD19.

    Infine, solo un po’ meno critico (ma nemmeno troppo) il medesimo acquisto se riposizionato su un fornitore UE, grazie alla tecnica dell’integrazione i cui termini collimano esattamente con quelli di invio dell’esterometro, così come per gli acquisti intracomunitari di beni o servizi. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)


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