Contributi a fondo perduto complicati e non per tutti. Dalla lettura delle disposizioni è necessario, al fine di fissare gli importi corretti far riferimento alla data di effettuazione delle operazioni di cessione o di prestazioni di servizi che possono comportare un disallineamento di periodo dell’entità del fatturato, come in presenza di acconti, con possibile esclusione.
Con l’emanando decreto “Sostegni”, il legislatore ha previsto, all’art. 1, un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di partita Iva, residenti o stabiliti sul territorio nazionale che svolgono attività d’impresa, anche agricola, e di arte e professione (si veda, ItaliaOggi 20/03/2021 e 22/03/2021).
Dalla lettura, oltre alla constatazione che il contributo si colloca all’interno di un range tra l’1,5% e il 5% della contrazione del fatturato 2020 rispetto al 2019, emergono alcune complicazioni anche sulla necessaria determinazione degli importi e sulla determinazione degli importi spettanti.
La prima criticità riguarda quanto indicato al comma 6 in relazione alla puntuale determinazione dell’ammontare medio del fatturato nella parte in cui si dispone che “al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazioni di servizi”.
Da tale assunto, ogni operatore è costretto a determinare la detta entità verificando la composizione del fatturato dei due periodi d’imposti posti a confronto; si pensi, per esempio alla fatturazione differita di un bene con emissione del documento di trasporto in dicembre e fatturazione nell’anno successivo o all’acconto versato per l’acquisto di un immobile con rogito redatto dal notaio nel periodo d’imposta successivo.
Se l’applicazione non tiene conto dei dati inseriti nella dichiarazione Iva annuale, il disallineamento emerge, giacché la disposizione richiamata fa riferimento al momento di effettuazione, si presume come indicato dall’art. 6 del decreto Iva (dpr 633/1972).
La seconda criticità riguarda i contenuti del successivo comma 6 dove si stabilisce, preliminarmente, il limite a 150 mila euro del contributo, concretizzando una sostanziale riduzione per quei soggetti che si collocano nella fascia più alta (lettera e, del comma 5 con ricavi e compensi superiori a 5 milioni e inferiori a 10 milioni di euro) poiché, in luogo dei 166.666,67 euro spettanti, chi ha perso totalmente il fatturato di 10 milioni ottiene, appunto, la quota massima indicata.
Ma il detto comma, da una lettura a sé stante rispetto alle relazioni sembra disporre la possibilità di riconoscere, comunque, sia a coloro che hanno attivato la partita Iva dell’1/01/2020 sia a coloro che non hanno subito alcuna contrazione di fatturato, o addirittura che hanno incrementato, o se l’hanno subita ma la stessa è risultata inferiore al 30%, come richiesto al comma 4, un contributo minimo differenziato pari a mille euro, per le persone fisiche e pari a duemila per i soggetti diversi.
Leggendo, però, la relazione illustrativa a commento del comma 6 appena indicato, viene precisato che da un lato si stabilisce un ammontare massimo del contributo e dall’altro che il contributo minimo (mille o duemila euro) comunque spettante è riconosciuto “al verificarsi delle condizioni di cui ai commi 3 e 4 ovvero ai soggetti, anche a reddito agrario, con ricavi non superiori a 10 milioni di euro (comma 3) ma a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 risulti inferiore di almeno il 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno precedente (2019).
Per l’ottenimento del contributo non tassato, al di là dell’aspetto fondamentale dell’emanazione del decreto, si dovrà attendere il provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle entrate per l’approvazione del modello di istanza, da inviare esclusivamente telematicamente entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura, a pena di decadenza, contenente l’attestazione della sussistenza dei requisiti e la scelta dell’ottenimento nella forma del credito d’imposta, da utilizzare ai sensi dell’art. 17 del dlgs 241/1997 mediante delega “F24”. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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