Per ridurre l’impatto invasivo della nuova disciplina sugli appalti restano validi, fino al 30 giugno prossimo, i documenti unici di regolarità fiscale (DURF) emessi nel corso del mese di febbraio 2020.
Per ottenere l’esonero dal nuovo obbligo, infatti, i committenti di appalti di ammontare superiore a 200 mila euro, devono ottenere la certificazione che attesti il possesso di determinati requisiti a carico delle imprese appaltatrici, affidatarie o sub-appaltatrici.
Nel decreto legge destinato al sostegno della liquidità delle imprese, il D.L. 23/2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 dell’8 aprile 2020 è presente una norma (articolo 23) che dispone la conservazione della validità dei certificati, emessi entro lo scorso 29 febbraio, ai sensi del comma 5, dell’art. 17-bis, del D.lgs. 241/1997.
Si ricorda, infatti, che a decorrere dal 1° gennaio scorso i committenti, sostituti d'imposta fiscalmente residenti nel territorio dello Stato, che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un'impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati sono tenuti a richiedere, all'impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, la copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali relative alle retribuzioni dei dipendenti impiegati della esecuzione dell'opera o servizio (art. 17-bis del D.lgs. 241/1997).
I suddetti obblighi non si rendono applicabili alle imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici che comunicano al committente, allegando la certificazione rilasciata dall'Agenzia delle entrate, nell'ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza del modello di delega “F24”, di essere in attività da almeno tre anni, di essere in regola con gli obblighi dichiarativi e di aver eseguito nel corso dei periodi d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell'ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell'ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime, nonché che non vi sono iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione.
Il certificato che attesta la sussistenza di tali requisiti è emesso dall'Agenzia delle Entrate e ha validità di quattro mesi dalla data del rilascio (Agenzia Entrate, provvedimento n. 54730/2020).
La disposizione introdotta, quindi, sebbene non modifichi la disciplina in modo sostanziale, tende ad agevolare le ditte già bloccate negli accessi presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate a causa dell’epidemia Covid-19.
L’Agenzia delle Entrate si è anche espressa recentemente sull’argomento con la circolare 8/E dello scorso 3 aprile (risposta 1.9).
Con tale risposta, l’Agenzia delle Entrate, non potendo intervenire, naturalmente, sulla modifica (e auspicato annullamento totale da parte di numerosi operatori) della disciplina (che pare sia in corso almeno di riformulazione, stante la complessità applicativa), ha confermato la sospensione dell’applicazione del regime (controlli del committente e/o rilascio di DURF) per quei soggetti destinatari della sospensione dei termini dei versamenti, come prevista dagli articoli 61 e 62 del D.L. 18/2020 ovvero quei soggetti particolarmente colpiti (agenzie di viaggio, enti sportivi e quant’altro), contribuenti con ricavi o compensi al di sotto di 2 milioni di euro e per i soggetti collocati nelle “zone rosse”, di cui all’allegato 1 del D.P.C.M. 1/03/2020 (comma 4, art. 62 dl 18/2020), poiché adempimenti “strettamente” connessi ai versamenti delle ritenute dell’appaltatore (e quindi anche per coloro che beneficeranno delle ulteriori sospensioni, di cui all’articolo 18 del D.L. 23/2020.
Con l’intervento inserito nel decreto in commento, pur utilizzando un documento datato (si ricorda la valenza per quattro mesi) ma per il quale è prevista la validità fino al 30 giugno 2020, il committente potrà evitare di verificare se la ditta appaltatrice e/o affidataria e/o sub-appaltatrice è destinataria delle sospensioni nei versamenti delle ritenute indicate, superando l’obbligo per i controlli di cui lo stesso è obbligato.
Resta complicata, invece, l’ulteriore situazione ovvero quella in cui l’appaltatore non fosse stato, prima del blocco pandemico, nella condizione di ottenere la certificazione indicata e, quindi, non risulta ancora oggi in possesso del DURF, sebbene datato, poiché il committente, in tal caso, dovrà procedere ulteriormente e di propria iniziativa, verificando se il detto appaltatore rientra o meno tra i contribuenti destinatari delle vecchie e/o nuove sospensioni dei versamenti delle ritenute.
Si ricorda, infine, che la presenza del certificato alla detta data (quindi tutt’ora valido) autorizza l’esecuzione delle compensazioni per il pagamento delle ritenute e dei contributi previdenziali ed assistenziali. Fabrizio Giocanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
Pistoia
Condividi sui Social Network