Dal 1° gennaio 2020 obbligo generalizzato di utilizzo dei canali telematici per gli F24


  • Dubbi sulla disciplina sanzionatoria applicabile in caso di violazione

    Da oggi scatta l’obbligo generalizzato di utilizzo dei canali telematici per la presentazione dei modelli “F24” anche per i non titolari di partita Iva e per il recupero dei crediti tipici dei sostituti d’imposta. Restano legittimi dubbi, però, sulla disciplina sanzionatoria applicabile, in caso d’invio della delega con l’home banking.
    Il comma 2, dell’art. 3 del dl 124/2019, convertito con modificazioni nella legge 157/2009 ha introdotto alcune modifiche al comma 49-bis, dell’art. 37 del dl 223/2006, convertito nella legge 248/2006, al fine di estendere l’obbligo di utilizzazione dei canali telematici, messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, per la presentazione delle deleghe modello “F24” contenenti compensazioni.
    L’obbligo, ricorrente dal 27 dicembre scorso ma in pratica applicabile dall’1/01/2020, come da risposta fornita nell’ambito del recente VideoForum2020 organizzato da ItaliaOggi, scatta per i crediti maturati negli anni d’imposta 2019 e seguenti, tenendo ulteriormente conto che i crediti del 2018 potranno essere compensati alla vecchia maniera (servizi telematici bancari) fino alla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione del periodo d’imposta 2019, all’interno della quale gli eventuali crediti residui dell’anno precedente (appunto 2018) dovranno essere “rigenerati”.
    Quindi, non solo lavoratori autonomi e imprese ma anche i privati cittadini dovranno utilizzare i servizi (“F24 on line”, “F24 web” o “F24 intermediari”), anche per il tramite di intermediari, per le compensazioni orizzontali di crediti relativi alle imposte sui redditi (Irpef e Ires) e relative addizionali, alle imposte sostitutive e all’Irap, nonché ai crediti d’imposta da inserire nel quadro “RU” della dichiarazione dei redditi; restano escluse soltanto le compensazioni verticali (o interne) per i medesimi tributi.
    Si evidenzia che anche le deleghe con “saldo a zero”, ai sensi della lett. a), comma 2, art. 11 dl 66/2014, devono essere presentate, da tempo, esclusivamente con i servizi messi a disposizione dalle Entrate, alla stessa stregua dei crediti maturati in qualità di sostituti d’imposta.
    L’Agenzia delle entrate, infatti, con un recente documento di prassi (ris. 110/E/2019 § 2), intervenendo sul tema, ha chiarito che l’obbligo di utilizzare i servizi telematici sussiste anche per la presentazione dei modelli “F24” che espongono la compensazione dei crediti tipici dei sostituti d’imposta, finalizzati, per esempio, al recupero delle eccedenze di versamento delle ritenute, del bonus 80 euro e dei rimborsi di assistenza fiscale erogati ai dipendenti e pensionati che dovranno sottostare anche all’ulteriore limite dei 5 mila euro, con eventuale obbligo della previa presentazione del modello 730 e dell’attesa di dieci giorni successivi, prima di poter utilizzare l’eccedenza legittimamente spettante.
    Ma cosa succede se il contribuente poco avveduto continua a utilizzare l’home banking in presenza delle condizioni che lo obbligano all’utilizzo dei servizi telematici? Il problema non è indifferente giacché anche l’Amministrazione finanziaria ritiene che “non esiste nel nostro ordinamento alcuna fattispecie sanzionatoria connessa all’errata utilizzazione del canale o mezzo di pagamento tributi. L’unica sanzione applicabile è, infatti, quella riconducibile all’omesso o incompleto versamento delle imposte e dei contributi” (Commissione Finanze della Camera, risoluzione 16/12/2006, n. 7-00051).
    Posta l’assenza di una specifica disciplina sanzionatoria è prassi degli uffici periferici dell’Agenzia delle entrate di notificare atti di contestazione con l’applicazione della sanzione amministrativa, di cui alla lett. a), comma 1, dell’art. 11 del d.lgs. 471/1997, per l’omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria anche se non richiesta dagli uffici o dalla Guardia di finanza al contribuente o a terzi nell’esercizio dei poteri di verifica ed accertamento in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri.
    Si renderebbe applicabile, quindi, la sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro, con possibile riduzione a 1/3 in caso di definizione agevolata, di cui all’art. 16 del d.lgs. 472/1997; la giurisprudenza, almeno di merito, nel tempo è risultata ondivaga punendo in taluni casi (C.t.r. Bergamo, sentenza n. 429/2017) e non punendo in altri la medesima situazione (C.t.r. Bergamo, sentenza n. 435/2017).
    Potrebbe risultare applicabile anche la sanzione sugli scarti delle deleghe (sanzione del 5% dell’importo fino a 5 mila e 250 euro per ammontare superiore, ma a partire da marzo 2020), senza applicazione del cumulo giuridico e della continuazione, ma, a parte la necessaria presenza di un precedente blocco e l’utilizzo di crediti non utilizzabili, la relativa applicazione potrebbe violare il “principio di legalità”, stante l’applicazione di un regime sanzionatorio non specifico e, quindi, discrezionalmente applicato. Fabrizio G. Poggiani - ITALIA OGGI(riproduzione riservata)  


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