Per la determinazione dell’imposta di successione, in presenza di legati, anche di genere, disposti in sede testamentaria, il valore dell’eredità o delle quote ereditarie deve essere determinato al netto dei detti legati, a prescindere dalla tipologia presente degli stessi (di specie o di genere). L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 6 luglio 2023 n. 19/E, entrate ha fornito chiarimenti utili in relazione al trattamento tributario del legato di genere, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al comma 3, dell’art. 8 del d.lgs. n. 346/1990. Si tratta, in sintesi, di una disposizione testamentaria che attribuisce a un soggetto, il legatario (onorato), un diritto di credito nei confronti di un erede o di un altro legatario (onerato), il quale deve adempiere prestando beni corrispondenti per qualità e quantità alle indicazioni del testatore; il caso più ricorrente riguarda i legati aventi a oggetto una somma di denaro (legati pecuniari), disposti dal testatore a carico di uno o più eredi. Il legato, inoltre, costituisce una disposizione mortis causa, a titolo particolare e, in linea generale, è attribuito per testamento e si acquista automaticamente al momento dell’apertura della successione ereditaria senza la necessità di accettazione, fatta salva la possibilità di rinuncia, ai sensi del comma 1 dell’art. 649 c.c.. Il documento di prassi individua le due tipologie di legato ovvero il legato di specie, di cui all’art. 649 c.c., che ha per oggetto la proprietà di una cosa determinata o altri diritto appartenente al testatore, e il legato di genere, di cui all’art. 653 c.c., che ha per oggetto una cosa determinata solo nel genere; nella prima tipologia, la proprietà o il diritto si tramette dal testatore al legatario al momento della morte del testatore e il legatario deve chiedere all’onerato il possesso della cosa legata mentre, nella seconda tipologia, l’onerato è obbligato a una prestazione a favore del legatario che acquista un diritto di credito nei confronti dell’onerato (legato obbligatorio). Il legato di genere, precisa l’agenzia, deve essere distinto tra il legato di cosa esistente nell’asse, di cui all’art. 654 c.c. e il legato di cosa da prendersi da un certo luogo, di cui all’art. 655 c.c.; peraltro sul legato di genere si richiama anche una copiosa giurisprudenza di legittimità (Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 7082/1995 e ordinanza n. 15661/2020). Dopo questi passaggi, utili per inquadrare l’argomento trattato, l’agenzia (§ 3) ha trattato l’inquadramento tributario, con particolare riferimento alle disposizioni presenti nell’art. 8 del d.lgs. n. 346/1990 (imposta sulle successioni e donazioni – TUS) il quale stabilisce che il valore globale netto dell’asse ereditario è costituito per differenza tra il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l’attivo ereditario e l’ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nel comma 3, dell’art. 46 del medesimo provvedimento, stabilendo ulteriormente che il valore dell’eredità o delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati e degli altri oneri gravanti. Inoltre, l’art. 36 prevede che gli eredi restano onerati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto dagli stessi eredi e dai legatari; peraltro il legato di genere, in quanto debito dell’erede, non grava sul valore ereditario e, quindi, non è detraibile, a differenza del legato di specie, dal relativo valore; i più recenti orientamenti giurisprudenziali (Suprema Corte di Cassazione, ordinanze n. 24421/2020 e n. 19906/2022) evidenziano che, ai fini dell’imposta di successione, il legato di genere deve essere distinto dalle passività dell’asse ereditario e forniscono le indicazioni per la corretta compilazione della dichiarazione di successione. Posto quanto detto sul piano civilistico in presenza di un legato di genere, dal punto di vista fiscale e per l’Agenzia delle entrate, tale legato non deve essere decurtato dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie, tenendo presente che lo stesso non è tassato soltanto in capo all’erede ma anche in capo al legatario, ai sensi del comma 5 dell’art. 36 del TUS e che la tassazione in capo all’erede di una ricchezza (quindi, anche al valore del legato) destinata ad essere devoluta, a titolo particolare, al legatario non è assolutamente in linea con i principi generali della giusta imposizione, posti a presidio dell’ordinamento tributario e che i legatari, solidali nel debito del tributo, rispondono in tali termini anche sul legato di genere. Per l’Agenzia delle Entrate, di conseguenza, anche al fine di ridurre il corposo contenzioso presente, risulta corretto determinare l’eredità o le quote ereditarie al netto dei legati, a prescindere dalla tipologia degli stessi (in linea, Suprema Corte di Cassazione, ordinanza n. 24421/2020). (riproduzione riservata)
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Pistoia
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