Per le società di investimento immobiliari quotate (SIIQ) e non quotate (SIINQ) europee, stante la peculiarità del regime fiscale riservato esclusivamente alle stabili organizzazioni in Italia di detti soggetti, resta vietato di operare indirettamente, tramite società controllate, sul territorio italiano. Si ipotizza, pertanto, una evidente restrizione alla libera circolazione nell’ambito della Unione europea.
Questa una delle evidenti criticità che l’Associazione fra le società italiane per azioni (Assonime) ha evidenziato nell’ambito della circolare n. 15 dello scorso 25 maggio avente a oggetto il trattamento fiscale delle società di investimento immobiliare con riferimento al regime di esenzione sull’imposizione diretta (IRES e IRAP), di cui ai commi da 119 a 141-bis dell’art. 1 della legge 296/2006.
Come evidenziato nel documento, l’Agenzia delle entrate, con le recenti risposte agli interpelli (n. 60/2023 e n. 61/2023), ha evidenziato alcune criticità applicative del regime tributario nei riguardi degli analoghi veicoli di investimento immobiliari residenti in altri Paesi dell’Unione europea (Ue) e dello Spazio Economico Europeo (SEE).
Si evidenzia, innanzitutto, che le SIIQ/SIINQ, con particolare riferimento alla gestione esente, sono trattate come soggetti fiscalmente trasparenti ovvero con trasferimento della tassazione sugli investitori in sede di distribuzione degli utili, sottoposti a un regime di neutralità fiscale, alla stessa stregua di altri veicoli di investimento immobiliari (Fondi immobiliari e SICAF).
Nell’ambito del comparto immobiliare, con differenti discipline di natura civilistica e/o fiscale, operano, al fianco delle società immobiliari ordinarie, alcuni strumenti collettivi di risparmio dediti ai detti investimenti che godono di peculiari regimi fiscali differenziati, che si basano su esenzioni degli utili che vengono tassati in capo agli investitori al momento della relativa distribuzione, in modo tale da evitare la potenziale doppia imposizione, in base alla sequenza “esenzione/tassazione”, piuttosto che in base alla sequenza “tassazione/esenzione”, come avviene tra società e soci nelle ordinarie società commerciali.
Si tratta di una modalità che non costituisce una mera agevolazione ma un semplice assetto che viene riconosciuto a strutture di investimento che sono destinate a un azionariato diffuso o, in modo più specifico, alla gestione collettiva del risparmio e che presentano un comune denominatore rappresentato dalla loro idoneità a rappresentare gli interessi di una pluralità di investitori, ai quali viene consentito di operare avvalendosi di professionisti del settore, sopportando, in linea di principio, lo stesso carico fiscale che avrebbero dovuto sostenere ove avessero effettuato un investimento diretto su medesimi asset.
I detti speciali regimi, applicati anche in altri paesi, hanno, tra i propri obiettivi, anche quello di attrarre quote importanti di investimenti cross border con l’ulteriore obiettivo di allargare il mercato interno, rendendolo più liquido, a totale vantaggio di operatori nazionali.
Sul punto, Assonime evidenzia la presenza di evidenti asimmetrie di trattamento che non consentono ai “Real Estate Investment Trusts” (REITs) comunitari o collocati su territori appartenenti allo spazio aereo comunitario e con caratteristiche simili a quelle delle citate SIIQ (o SIINQ) residenti in Italia, di operare nel territorio domestico con le stesse modalità, creando problemi di compatibilità con il diritto unionale, con particolare riferimento all’attrattività complessiva del sistema.
In particolare Assonime, analizzando la disciplina specifica e tenendo conto dei contenuti dei documenti di prassi indicati, lamenta numerose discriminazioni nel trattamento di natura fiscale che possono costituire una restrizione della libertà di circolazione nell’ambito della stessa Unione europea. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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