Senza autonoma organizzazione niente dichiarazione Irap. Per imprenditori e professionisti, per i quali sussistono i requisiti per l’autoesclusione dall’assoggettamento al tributo regionale sulle attività produttive, la via maestra da seguire in Unico 2016 è quella di non compilare i quadri Irap e chiedere a rimborso quanto versato a titolo di saldo e di acconto nei 48 mesi precedenti.
Le altre strade tecnicamente possibili, quali la dichiarazione integrativa per i periodi pregressi o la compilazione dei quadri Irap unicamente per il recupero degli acconti versati sembrano, infatti, meno appetibili anche alla luce dei recenti interventi in materia, da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
La questione non è di poco conto. Alla luce dei recenti interventi giurisprudenziali possono essere, infatti, molti i contribuenti che ritengono di non dover assoggettare al tributo regionale la propria attività di lavoro autonomo o d’impresa.
La presentazione del modello Unico 2016 costituisce dunque il primo passaggio da compiere per autoesonerarsi dall’imposta regionale e per mettere in atto le giuste iniziative volte al recupero di quanto versato in passato.
Ciò premesso, vediamo quali potrebbero essere le scelte possibili da mettere in pratica in tutte quelle situazioni in cui, proprio a partire dal periodo d’imposta 2015, il contribuente ritenga di non rientrare far le attività soggette all’imposta regionale sulle attività produttive.
La prima valutazione, che il contribuente deve fare, è verificare il presupposto del tributo regionale, come indicato dall’art. 2, d.lgs. 446/1997; la presenza dell’autonoma organizzazione si configura quando il responsabile dell’organizzazione non è inserito all’interno di strutture organizzative riferibili a soggetti terzi e quando sono utilizzate risorse (beni strumentali e collaboratori) che comportano un quid pluris rispetto all’esercizio dell’attività senza l’utilizzo di dette risorse (Cassazione, sentenze 9451/2016 e 7371/2016, tra le altre).
Sul punto, particolare attenzione deve essere fatta quando siamo in presenza di imprese familiari, di cui all’art. 230-bis c.c. (Cassazione, sentenza 1537/2014 e ordinanza 14157/2010) e di studi associati (Cassazione, sentenza 7371/2016), per i quali i giudici di legittimità ritengono che il presupposto si realizzi sempre, a prescindere da quanto indicato in precedenza, mentre maggiore tranquillità, a prescindere dai volumi d’affari realizzati, si ha per le imprese individuali che utilizzano risorse minime (per esempio, un’autovettura e un computer).
Fatta questa prima valutazione, in assenza di presupposti per l’applicazione del tributo, il contribuente dovrebbe evitare la compilazione del modello dichiarativo per il periodo d’imposta, evitando di trarre in inganno anche l’Amministrazione finanziaria e dichiarando, così in facendo e in modo inequivocabile, di non essere soggetto all’Irap.
Con riferimento, invece, ai rimborsi per i periodi d’imposta precedenti il primo problema rilevante è quello di identificare l’esatta decorrenza dei 48 mesi indicati dalle disposizioni contenute dall’art. 38, del dpr 602/1973; sul tema, le Entrate (risoluzione 459/E/2008) hanno precisato che i detti 48 mesi decorrono dal momento del versamento dei singoli acconti e non del saldo e, tale indicazione, è stata confermata anche dai giudici supremi (Cassazione, sentenza 21528/2009).
L'istanza deve essere presentata, in linea di principio, alla direzione provinciale dell'Agenzia delle Entrate territorialmente competente, verificando se è stata emanata la legge regionale applicativa del tributo.
Di conseguenza, se esiste una convenzione con l'Agenzia delle Entrate che attribuisce a quest'ultima la competenza a ricevere le istanze di rimborso, l'istanza va proposta all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate competente, mentre, in assenza di una convenzione, o se la stessa esiste ma non prevede l'attribuzione all'Agenzia delle Entrate di detta competenza, l'istanza va proposta alla regione di competenza.
Si ricorda, infatti, che le disposizioni contenute nell'art. 24, del d.lgs. 446/1997, attribuisce alle regioni la facoltà di disciplinare le procedure applicative dell'Irap, con la conseguenza che, qualora la regione abbia approvato la legge istitutiva del tributo, l'istanza indirizzata all'Agenzia delle Entrate, in assenza di convenzione con la Regione, è inammissibile (C.t.p. Udine, sentenza 82/2003).
La Cassazione ha confermato che il termine di presentazione dell'istanza di rimborso decorre dalla data di versamento del saldo, se il diritto al rimborso deriva da un'eccedenza dei versamenti in acconto rispetto a quanto dovuto a saldo oppure da pagamenti provvisori, in quanto subordinati alla definitiva determinazione dell'obbligazione, o dalla data di versamento dell'acconto se esso non era dovuto, ovvero non era dovuto in quella misura, ovvero la relativa disposizione non era applicabile (Cassazione, sentenze 198/2004, 23074/2008, 21528/2009 e 12175/2012).
Nel caso più ricorrente, però, configurandosi l'ipotesi di soggettiva di esclusione dall’assoggettamento al tributo, in chiave prudenziale (e anche secondo le Entrate, come detto), si ritiene che la domanda di rimborso debba essere presentata entro 48 mesi dalla data di versamento dell'acconto e, in presenza di diniego al rimborso, il contribuente può proporre ricorso e/o reclamo entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di diniego mentre, in caso di "silenzio-rifiuto", l'impugnazione deve essere presentata decorsi 90 giorni dalla proposizione dell'istanza e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto, tenendo sempre conto che nelle liti, aventi a oggetto i rimborsi, l’onere probatorio resta a carico del contribuente, il quale deve dimostrare di possedere i requisiti per la disapplicazione del tributo. Fabrizio G. Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
Pistoia, PT, Italia
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