Il possibile e futuro tetto alla deducibilità integrale delle spese di formazione penalizza gli studi associati.
L’importo di euro 10.000, previsto dal disegno di legge di riforma delle attività professionali, per la deduzione integrale delle spese di iscrizione a master e a corsi di formazione e aggiornamento professionale, nonché a convegni e congressi, può, infatti, diventare assolutamente irrisorio, nei casi di esercizio associato dell’attività professionale, posto che tale limite non è fissato per ciascun associato, bensì sullo studio o associazione professionale.
Se questa sarà la versione definitiva della modifica alla deducibilità delle spese di formazione professionale, come disciplinate dall’articolo 54, comma 5, D.P.R. 917/1986 (Tuir), nel caso di un’associazione professionale, nella quale operino cinque liberi professionisti associati, l’importo massimo delle spese di formazione che ciascuno di essi potrà spendere in regime di deducibilità fiscale sarà pari a sole euro 2.000 l’anno.
Semplicemente aumentando il numero degli associati e prendendo in considerazione strutture professionali di dieci e più associati, il tetto annuo scende a livelli assolutamente risibili.
Per queste strutture associative, le uniche che ormai da anni sono in grado di fronteggiare le difficoltà crescenti dei mercati della consulenza professionale e la concorrenza degli studi esteri, il nuovo regime di deducibilità delle spese di formazione, previsto dalla riforma del lavoro autonomo, sarà peggiore di quello attuale.
Una riforma all’indietro dunque. Invece di premiare e favorire le aggregazioni fra lavoratori autonomi ancora una volta la voracità del fisco italiano finirà per penalizzarle; per queste ultime, infatti, sarebbe meglio che la riforma non fosse mai attuata risultando assolutamente più favorevole l’attuale regime di deducibilità delle spese di formazione.
Per comprendere meglio la portata di questo aggravio fiscale per le strutture associative operanti in ambito professionale, prendiamo a riferimento un semplice esempio.
Ipotizziamo che uno studio legale associato composto da sei avvocati - dimensione non certo infrequente in molte realtà del nostro territorio - sostenga nel corso dell’anno 2016 spese complessive per iscrizione a corsi di formazione professionale pari a complessive euro 30.000.
L’importo è tutt’altro che ragionevole, tenuto conto che è pari a euro 5.000 per ciascun associato, una cifra che si raggiunge abbastanza facilmente semplicemente iscrivendosi a uno/due corsi di un certo livello qualitativo.
Ciò detto vediamo quale potrà essere l’impatto fiscale sullo studio associato di tale spesa annua a seconda del regime di deducibilità delle spese di formazione previste nel comma 5 dell’articolo 54 sopra ricordato.
Con la formulazione attuale della disposizione testé richiamata il nostro studio legale associato potrà portare in deduzione dal suo reddito di lavoro autonomo dell’anno 2016 l’importo di euro 15.000 pari al 50% delle spese complessive annue sostenute.
Con la modifica normativa, prevista invece dal disegno di legge di riforma del lavoro autonomo, il nostro studio legale potrà portare in deduzione dal reddito 2016 soltanto l’importo di euro 10.000; la nuova misura di deducibilità delle spese di formazione penalizza, di fatto, lo studio legale che perderà, rispetto all’attuale regime di deducibilità, costi per euro 5.000.
Semplicemente aumentando il costo per la formazione annua, e allontanandosi dal “punto di pareggio” pari a euro 20.000, fino al quale il nuovo regime è certamente preferibile, lo svantaggio fiscale di fare formazione per gli studi di medio-grande dimensione diviene sempre più evidente e importante. Altre chiavi di lettura non ci sono.
L’unica riflessione che può essere fatta è che la modifica normativa proposta in materia di deducibilità delle spese di formazione è che l’importo annuo di euro 10.000, calato sul professionista individuale, è certamente un importo adeguato e che consentirà ampi benefici fiscali rispetto al regime attuale.
Ma se di riforma si vuole parlare e se la stessa deve dare strumenti al settore delle professioni utili anche per la loro crescita e sviluppo dimensionale, necessario come si diceva per affrontare le attuali e future sfide dei mercati dell’ingegno, non si può penalizzare chi è strutturato o chi intenda strutturarsi, rispetto a chi non lo è affatto.
La formazione per i professionisti è obbligatoria ma soprattutto vitale e, penalizzare con regimi fiscali di svantaggio tali costi, può essere un vero e proprio autogol.
Infine, si rileva che con la sostituzione dell’ultimo periodo, del citato comma 5, dell’art. 54 del Tuir non si prevede più l’inclusione, nel tetto indicato, delle spese di “viaggio e soggiorno”, che nella versione previgente subivano la decurtazione del 50%, con l’inevitabile conseguenza che, trattandosi di spese inerenti all’esercizio delle attività professionali, non inquadrabili tra quelle di rappresentanza, di cui al primo periodo del medesimo comma, le stesse siano da considerare deducibili integralmente dal reddito di lavoro autonomo.
Pertanto, le spese per l’autostrada, per il treno e per l’albergo, correlate alla partecipazione all’evento formativo, potrebbero essere considerate interamente deducibili, in ossequio al principio d’inerenza, senza nemmeno subire la deducibilità ridotta del 75% (e dell’ulteriore 50%), come sostenuto dalle Entrate (circ. 53/E/2008), in vigenza dell’attuale impianto normativo. (riproduzione riservata)
Spese di formazione: per gli studi associati tetto proposto penalizzante
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19/02/2016Formazione professionale
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