Niente rivalutazione per i diritti di sottoscrizione delle stock option


  • La cessione produce un reddito non inquadrabile tra i redditi diversi

    Il diritto di sottoscrizione delle stock option non può essere rideterminato poiché lo stesso non produce un reddito qualificabile tra quelli diversi in quanto diritto non trasferibile a terzi.

    Così l’Agenzia delle entrate che, con la risposta n. 118/2024, è intervenuta sull’applicazione della rivalutazione del valore di acquisto, di cui all’art. 5 della legge 448/2001, nei termini ulteriormente prorogati e fissati al 15 novembre 2023, ai sensi del comma 108 dell’art. 1 della legge 197/2022 (legge di Bilancio 2023),

    Si ricorda, innanzitutto, che i piani di stock option conferiscono, in linea generale, a dipendenti e amministratori, il diritto di acquisire, al termine di un periodo prefissato, un numero di azioni ad un prezzo stabilito; l’obiettivo è quello di fidelizzare i collaboratori strategici, legando alcuni componenti della retribuzione all'andamento del titolo sul mercato.

    Nel caso di cessione si può generare una plusvalenza o una minusvalenza, determinate come differenza tra il corrispettivo incassato e il costo e/o il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l'imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi, ai sensi del comma 6 dell’art. 68 del D.P.R. 917/1986; se la differenza è positiva si genera una plusvalenza che rientra nella categoria dei redditi diversi, ai sensi dell'art. 67 del TUIR.

    Per le plusvalenze realizzate a partire dal 1° gennaio 2019 è possibile anche applicare l'imposta sostitutiva del 26% sia in caso di cessioni di partecipazioni non qualificate sia nel caso di cessione di partecipazioni qualificate ma si evidenzia ulteriormente che, per l’Agenzia delle Entrate (principio 12 febbraio 2019 n. 4) non si applica l'esenzione fiscale e contributiva del reddito di lavoro dipendente, di cui all’art. 27 del dl 179/2012, in caso di stock option emesse a favore di un dipendente di una società controllata della PMI innovativa.

    Il caso sottoposto al vaglio dell’Agenzia delle entrate era quello di un dipendente di una compagnia assicurativa, qualificabile come PMI innovativa, che aveva approvato un piano di incentivazione rivolto a due distinte categorie di dipendenti, con assegnazione gratuita, ad alcuni di questi soggetti, di diritti per la sottoscrizione di azioni della società di nuova emissione; opzioni che attribuiscono ai beneficiari il mero diritto di sottoscrivere azioni della società, emesse in esecuzione dell’aumento di capitale a servizio del piano.

    Il contribuente, posto quanto sopra, riteneva di poter fruire della rideterminazione del costo di acquisto (rivalutazione) di questi diritti, come previsto dall’art. 5 della legge 448/2001, nei termini prorogati dalla legge 197/2022.

    L’Agenzia delle entrate, dichiarando di non entrare nel merito del regime fiscale sostitutivo, di cui all’art. 27 della legge 179/2012, rileva, però, che nel caso di specie si tratta sostanzialmente di un diritto di sottoscrizione di azioni della società che non producono un reddito diverso, ai sensi dell’art. 67 del Tuir, in quanto non trasferibili a terzi e, di conseguenza, l’eventuale valore rideterminato non può essere assunto come valore fiscale di carico. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)


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