Nel "regime di cassa" scorte sempre da valorizzare


  • Inventario a fine anno per le rimanenze dei semplificati

    Nel regime semplificato di cassa, le scorte sono sempre da valorizzare. L’inventario annuale delle rimanenze resta obbligatorio, con rilevazione della consistenza effettiva al 31 dicembre di ogni anno, a prescindere dall’avvenuta manifestazione numeraria.
    Il comma 18, dell’art. 1, della legge 232/2016 (legge di Bilancio 2017) non lascia via di scampo giacché stabilisce che, nel primo periodo d’imposta di applicazione del nuovo regime destinato alle imprese minori, le rimanenze finali, che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente, in base al regime di competenza, sono portate in deduzione del primo periodo di applicazione del regime (a sostegno, Agenzia delle entrate, circ. 11/E/2017).
    Dalla lettura dei modelli dichiarativi e degli studi di settore, in effetti, qualsiasi valore riferito alle rimanenze, quindi merci, lavori in corso su ordinazione, sia di durata infrannuale, sia di durata ultrannuale e titoli, pur non partecipando più alla determinazione del reddito negli esercizi successivi al primo (quello di ingresso nel nuovo semplificato “improntato” alla cassa), rimangono costantemente monitorati, per effetto dell’introduzione di taluni righi specifici della dichiarazione REDDITI (“RG38”) e degli studi di settore (“F06 e F07”).
    La redazione di un inventario, peraltro, rimane obbligatoria in ossequio alle disposizioni contenute nella lett. b), dell’art. 9, dl 69/1989, le quali, testualmente, affermano che “entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione” deve essere rilevato “il valore delle rimanenze, indicando distintamente per queste ultime le quantità e i valori per singole categorie di beni, in giacenza alla fine dell'esercizio”; l’articolo, ritenuto implicitamente abrogato è, al contrario, tuttora vigente e anche esplicitamente richiamato dalla citata circolare (circ. 11/E/2017 § 6.3 – pag. 32).
    Sul tema delle rimanenze, recentemente, l’Agenzia delle entrate ha precisato che, se un contribuente nel corso del 2017 ha applicato il regime semplificato per cassa e nel 2018 è passato alla contabilità ordinaria, lo stesso è obbligato a indicare la consistenza delle rimanenze all’1/1/2018 nel “prospetto delle attività e passività”, di cui al dpr 126/2003, pur non avendo alcuna rilevanza di natura fiscale.
    In effetti, le dette rimanenze non assumono rilievo fiscale neppure al termine del periodo d’imposta 2018, quello gestito in contabilità ordinaria, con un evidente disallineamento tra valori civili e fiscali, naturalmente con riferimento alla consistenza delle scorte rilevate al 31/12/2017, se si considera l’esempio appena proposto.
    E’ stato ulteriormente precisato, sempre nel corso degli incontri dell’agenzia con la stampa specializzata, che, ai fini della compilazione degli studi di settore, le rimanenze (iniziali e finali) devono essere indicate nel loro valore effettivo di beni presenti in magazzino al 31/12/2017, da individuare ai sensi degli artt. 92 e 93, dpr 917/1986 (Tuir), ma è stato ulteriormente precisato che trattasi di un valore effettivo della consistenza, di natura extra contabile (in effetti il valore non deve essere più indicato nel quadro RG – righi eliminati “RG8” e “RG9” - nella parte relativa alla determinazione del reddito, ma deve essere inserito nell’apposito rigo “RG38”, tra gli altri dati, ai fini del monitoraggio) ma soprattutto che prescinde, nella propria valorizzazione, dall’avvenuta manifestazione finanziaria del costo.
    Infine, evitando le naturali considerazioni sull’impatto della rottamazione delle scorte sul reddito del primo periodo d’imposta e su quelli successivi, al momento della cessione delle stesse, per l’assenza di una modifica alla disciplina sul riporto delle perdite fiscali in tale ambito, resta aperto il problema, a suo tempo già indicato da questo quotidiano, dell’autoconsumo in sede, per esempio, di cessazione dell’attività che resta soggetta a Iva, ai sensi del comma 2, dell’art. 2, dpr 633/1972.
    Per esempio, se si fa riferimento al 2018, come esercizio di cessazione dell’attività, successivo a quello di ingresso nel regime (2017), siamo di fronte a un magazzino che fiscalmente non ha valore (è stato azzerato all’1/1/2017), ma si concretizza un autoconsumo a valore normale, sia ai fini Iva che ai fini dell’imposizione diretta, sebbene si sia in presenza di un regime di “cassa” (non si realizza alcuna cessione), per effetto del richiamato all’art. 57 del Tuir, che ne impone la rilevazione tra i proventi positivi di reddito. Fabrizio G. Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)

     


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