Bonus casa (ristrutturazione), con l’aliquota più alta del 50%, condizionato all’esecuzione degli interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e limitato ai titolari di diritti di proprietà e reali di godimento.
Dal tenore letterale della norma, inoltre, l’aliquota maggiore non appare applicabile, se non attraverso una interpretazione estensiva, alla realizzazione di interventi su autorimesse o posti auto.
Il novellato comma 1 dell’art. 16 del D.L. 63/2013 prevede che la detrazione spettante per la ristrutturazione edilizia, fissata per il 2025 al 36% e per gli anni 2026 e 2027 al 30%, risulta “innalzata al 50 per cento” con riferimento alle “spese sostenute nell’anno 2025 e al 36 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027 nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale".
Preliminarmente, si evidenzia che tra coloro che rientrano tra i possessori di un immobile destinatari dell’aliquota maggiore (50%) vi sono i soggetti titolari della piena proprietà, della nuda proprietà e degli altri diritti reali, come l’uso (art. 1021 c.c.), l’usufrutto (art. 981 c.c.), l’abitazione (art. 1022 c.c.) e il diritto di superficie (art. 952 c.c.).
Quindi, quale prima condizione, affinché possa essere applicata l’aliquota di detrazione del 50%, le spese devono necessariamente essere sostenute dai possessori delle unità abitative, a nulla rilevando l’utilizzo quale abitazione principale da parte di soggetti che detengono l’immobile in godimento, quali locatari (art. 1571 c.c.) o comodatari (art. 1803 c.c.).
La seconda condizione richiesta è che l’unita immobiliare oggetto di ristrutturazione sia “adibita ad abitazione principale” a nulla rilevando, per esempio, che su quella unità sia posto il domicilio o la residenza o che l’unità sia stata acquistata come prima casa, giacché il riferimento normativo non può che essere quello, di cui al comma 3-bis dell’art. 10 del dpr 917/1986.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, con un recente documento di prassi (Agenzia delle Entrate, circolare n. 13/E/2023 § 1.1.3), sebbene facente riferimento al contributo a fondo perduto per la detrazione maggiorata (superbonus), di cui al comma 8-bis dell’art. 119 del D.L. 34/2020, ha richiamato proprio il citato comma 3-bis dell’art. 10 del D.P.R. 917/1986 (T.U.I.R.) che, testualmente, dispone che per abitazione principale si deve intendere quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari “dimorano abitualmente”, precisando ulteriormente che non si deve tenere conto della variazione della dimora abituale se la detta variazione dipende da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata.
Quindi, l’unità immobiliare che è destinataria della detrazione maggiore (50%) deve essere destinata a dimora abituale del proprietario o dei propri familiari, dovendo considerare familiari quelli che, ai fini dell’imposizione diretta, sono indicati nel comma 5 dell’art. 5 del D.P.R. 917/1986 (coniuge, parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado).
Posto quanto sancito dal nuovo art. 16 del D.L. 63/2013, si evidenzia che, presumibilmente, molti contribuenti non possono adibire nell’immediato l’unità immobiliare ad abitazione principale, nel senso indicato dalla norma, almeno fino a che i lavori di ristrutturazione non siano stati eseguiti e si sia raggiunta la fine lavori, con l’ottenimento dell’abitabilità; quindi, con i necessari tempi per l’esecuzione dei lavori, la criticità normativa è palese e porta, quale conseguenza, quella della presunta, quanto impossibile, applicazione della detrazione nella misura del 50%, se il proprietario non utilizza l’immobile come abitazione principale.
In attesa di specifici chiarimenti sul punto, si ritiene opportuno ricordare (e, quindi, tenere conto) di un chiarimento fornito nell’ambito del superbonus (Agenzia delle Entrate, circolare n. 13/E/2023 § 1.1.3) con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva precisato, a suo tempo, che “qualora l’unità immobiliare non sia adibita ad abitazione principale all’inizio dei lavori, il superbonus spetti (rectius: spetta) per le spese sostenute per i predetti interventi a condizione che il medesimo immobile sia adibito ad abitazione principale al termine dei lavori”.
L’ulteriore paradosso da eliminare, infine, stante il tenore letterale del citato comma 1 del novellato art. 16 del D.L. 63/2023, è che la detrazione maggiore, quella del 50%, sia fruibile solo per gli interventi specificatamente indicati ovvero per quelli eseguiti “sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale” con evidente esclusione per i lavori eseguiti per la realizzazione delle autorimesse o dei posti auto pertinenziali, di cui alla lett. d), comma 1 dell’art. 16-bis del Tuir; il vincolo pertinenziale, però, dovrebbe far propendere, in via interpretativa, per l’applicazione della percentuale maggiore. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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