Con la distribuzione ai soci della riserva speciale di utili accantonata e mancata ricostituzione della stessa entro la fine del 2026 si decade dall’IRES premiale.
L’utilizzo per la copertura delle perdite o per un aumento di capitale gratuito, stante la finalità della stessa riserva di potenziamento del patrimonio sociale, non fa scattare, invece, la causa di decadenza dall’articolata agevolazione.
I commi da 436 a 444 dell’art. 1 della legge 207/2024 (Legge di bilancio 2025) hanno introdotto l’IRES premiale che si concretizza nell’applicazione di una aliquota al 20%, quindi ridotta di quattro punti percentuali, sull’utile fiscale realizzato nel 2025.
Per il solo 2025, l’agevolazione è fruibile, com’è noto, dalle società e dagli enti (soggetti IRES) che accantonano almeno l'80% dell'utile 2024, reinvestono una parte di tali utili in beni 4.0 e 5.0 ed effettuano nuove assunzioni, in presenza di determinate condizioni e nel rispetto di alcune clausole di salvaguardia.
In attesa delle disposizioni di attuazione (siamo in attesa del provvedimento ad hoc) si ricorda che l’agevolazione è stata introdotta in attesa dell'attuazione dei criteri contenuti nella lett. a), comma 1 dell’art. 6 della legge di delega per la riforma fiscale (legge 111/2023) e la stessa è fruibile al ricorrere di determinate condizioni.
In particolare, si rende necessario (condizioni congiunte) che una quota, non inferiore all'80% degli utili dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2024, sia accantonata ad apposita riserva e che un ammontare, non inferiore al 30% dei suddetti utili accantonati, e, comunque, non inferiore al 24% degli utili dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2023, sia destinata a investimenti relativi all'acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di beni strumentali qualificati (4.0 e 5.0) e nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato; sono previste, in aggiunta, anche alcune specifiche condizioni legate all'occupazione.
Il comma 438 dell’art. 1 della legge di bilancio 2025 ha introdotto due specifiche cause di decadenza dall'agevolazione, con conseguente recupero della stessa, nei casi in cui la quota di utile 2024 accantonata sia distribuita entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (l'accantonamento, quindi, deve essere mantenuto fino al 31 dicembre 2026) e i beni oggetto di investimento siano dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero destinati stabilmente a strutture produttive localizzate all'estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto, entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello nel quale è stato realizzato l'investimento (quindi, se gli investimenti sono stati eseguiti nel 2025, entro il 2030).
La prima causa opera nel caso in cui la quota di utili del 2024, accantonata alla riserva costituita appositamente, sia distribuita entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (come detto entro il 31 dicembre 2026 per i soggetti solari).
Sul punto, innanzitutto, dovrà essere confermato che se la riserva, entro la detta data (31 dicembre 2026), ancorché distribuita ai soci viene ricostituita, anche con conferimenti da parte dei soci, dall’agevolazione non si decade e, quindi, legittimamente si sarà applicato l’aliquota del 20% agli utili del 2025.
In effetti, ai sensi della lett. a), del comma 436 dell’art. 1 della legge 207/2024, la decadenza si innesca soltanto nel caso in cui la riserva sia letteralmente “distribuita” con la conseguenza che l’utilizzo per la copertura delle perdite o per un aumento gratuito del capitale sociale, non deve compromettere la fruibilità dell’agevolazione, che resta alquanto articolata nella puntuale applicazione; peraltro, la decadenza non è prevista nel caso in cui, correttamente, siano distribuiti utili o dividendi con utilizzo di riserve già esistenti o eccedenti o con utili del 2025.
La seconda causa di decadenza è agganciata alla dismissione, cessione o destinazione a finalità estranee, nonché al trasferimento all’estero, dei beni qualificati (4.0 e 5.0) acquistati, entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale è stato realizzato l’investimento; quindi, per i beni acquisiti nel 2025, entro il 2030.
Questa causa non può essere mai neutralizzata anche se i beni, oggetto dell’iniziale investimento, siano sostituiti con altri similari, giacché niente è previsto a livello normativo, e anche nel caso in cui anche solo un bene, magari di importo contenuto, risulti trasferito.
Di conseguenza, in presenza anche di una sola delle due cause indicate (e per quanto indicato), l’intero utile del periodo d’imposta 2025 dovrà essere assoggettato, in via retroattiva, all’aliquota ordinaria (24%) in luogo di quella agevolata (20%), si ritiene con applicazione dei soli interessi e senza applicazione delle sanzioni. Fabrizio Giovanni Poggiani - ITALIA OGGI (riproduzione riservata)
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